La storia non si ferma con un filo spinato

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Ficchiamocelo in testa: il mondo sta cambiando cento volte più velocemente di quanto la nostra mentalità sia in grado di farlo. Ficchiamocelo-in-testa!
Probabilmente, da qui a pochi mesi nel mio o nel tuo Comune – magari così piccolo da non raggiungere neanche i 50mila abitanti – si debba allestire una tendopoli per ospitare mille persone che non parlano la tua lingua, professano una religione diversa, trovano strano il nostro mangiare carne di maiale e che come ambizione hanno quella di fare il giardiniere e non il top manager o l’astronauta.

Il fenomeno con cui stiamo iniziando a fare i conti (e sottolineo: iniziando) ha una portata storica, epocale; e credere che le decisioni di questo o quel partito possano arginare la cosa è talmente ingenuo da diventare ridicolo.
Come è ingenuamente ridicolo pensare di modificare il corso della storia con la costruzione di un muro in filo spinato.

Ficchiamoci in testa che dopo secoli in cui in Africa e Medioriente abbiamo esportato il colonialismo, lo schiavismo, in cui abbiamo estratto oro con l’uso del mercurio inquinando le falde acquifere circostanti, in cui abbiamo appoggiato dittature per poi farle cadere vendendo armi ai ribelli che talvolta erano peggio della dittatura stessa, in cui abbiamo costruito infrastrutture megagalattiche lasciando il compito di costruire scuole ed ospedali a qualche ONG di buona volontà, ecco, dopo Secoli di tutto ciò, ficchiamoci in testa che tale sistema sta collassando su se stesso.

E quando dico abbiamo, non intendo di certo dire io o tu che stai leggendo. Ci mancherebbe. Nessuno di noi si sarebbe mai permesso di fare niente di tutto quello scritto sopra. Però se io e te possiamo permetterci uno smartphone ed un tablet a basso costo, è perchè i metalli che servono a produrli sono estratti in villaggi della Cina dove non esiste mezza norma igienica, dove lo stipendio è da fame e dove la parola welfare non credo si sia mai sentita.
E questo è solo un esempio di quando il nostro benessere derivi dallo sfruttamento di altri Paesi più “sfigati”.

Le multinazionali non sono tutte brutte e cattive come qualcuno crede, anzi, spesso sono state le uniche a portare investimenti in posti dimenticati dal mondo. Ma è l’intero sistema ad essere drogato – e gli effetti collaterali della droga, iniziamo a sentirli anche noi sulla nostra pelle.
Ficchiamoci quindi in testa che se fiumi di persone fuggono dai loro Paesi per via di guerra, fame, malattie, siccità perenne o semplicemente perché non c’è speranza di vivere dignitosamente, la causa prima è da identificare in una sistema in cui io prendo 100 per ridarti 10, se va bene. Un sistema non più sostenibile.
E dinnanzi a un sistema collassato non c’è muro, recinzione, mare o frontiera che tenga.

Ficchiamoci in testa che un fenomeno storico come quello che si sta vivendo non è assolutamente arginabile nel breve periodo e che quindi è meglio imparare a conviverci. Cercando di comprenderlo, se proprio non riusciamo ad apprezzarlo.
Ficchiamoci in testa che la soluzione non è incatenarsi davanti ad un potenziale centro di accoglienza per evitarne l’utilizzo, tutt’altro. La soluzione dovrebbe essere che ogni Comune della nostra amata Unione Europea sappia quante persone deve accogliere da qui ai prossimi 5 anni, così da poter pianificare, organizzarsi e gestire al meglio questo fenomeno storico.

Perchè la soluzione – l’unica soluzione – del breve periodo è questa: fare tutto ciò che è nelle nostre possibilità per ammortizzare al meglio questo fenomeno.
In altre parole: quanto prima creiamo un sistema pianificato e funzionante – sistema che tra l’altro può dar lavoro ad un sacco di italiani- in cui il nostro nuovo vicino di casa mulattino può ricevere un’istruzione, un tetto e un pasto, meglio è.
Un sistema che riesca a prendere ed isolare chi crea problemi o chi non ha intenzione di integrarsi (che non vuol dire perdere le proprie tradizioni, ma semplicemente collaborare), ma che permetta di dare una speranza a chi è arrivato da noi con le migliori intenzioni.

Ad oggi, le diversità di trattamento tra gli stessi Stati sono evidenti: c’è una netta distinzione in un certo senso classista tra Stai di serie A e Stati di serie B.
Ficchiamoci in testa che, nel lungo periodo, la soluzione la si può trovare solo in un cambiamento di questa… “tradizione” occidentale consolidata.
Noi occidentali dobbiamo ficcarci in testa che gli svantaggi di un Africa che fugge verso di noi sono maggiori degli svantaggi di un’equità di trattamento delle varie areee geopolitiche. In altre parole: è più dannoso fronteggiare una crisi umanitaria del genere che iniziare a trattare il Congo come si trattano (ad esempio) la Francia o la Svezia.

Arriverà a quel punto il giorno in cui non acquisteremo più materie prime da imprese che sfruttano il lavoro minorile, o che abbattono i costi dimenticandosi di qualunque norma igienica.
Un giorno in cui smetteremo in blocco di rifornire armi a due fazioni di invasati integralisti. in cui smetteremo di fare investimenti nel terzo mondo in cui i costi sociali siano maggiori dei benefici effettivi per la cittadinanza locale.
Quel giorno arriverà prima o poi; nel frattempo, ficchiamoci in testa che è meglio migliorare il sistema di integrazione, piuttosto che combatterlo per paura che qualcuno ci rovini l’orticello. Perché il timore per un futuro diverso appartiene a tutti ed è umano; il terrore psicologico nei confronti del diverso no, non lo è.

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