La spirale di decadenza della tipica madre cattolica

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1) IL MATRIMONIO

Parliamo di donne, e ne parliamo con un particolarissimo focus: ci interessano le donne smaccatamente cattoliche, che condividono meme ispirati con Papa Francesco e rimarcano orgogliosamente una militanza oratoriana o scout o tutte e due. E parliamo della rappresentazione su Facebook di quella fase della vita tra i 23 e i 30 in cui si infila la doppietta matrimonio-figliolanza con la stessa nonchalanche di un settantenne bergamasco all’apertura della stagione venatoria.

Il matrimonio è il coronamento di un shogno ed è – ovviamente – perfetto. Abito bianco da testimonial Mentadent, amici col sorriso fotocopiato, qualche bambino di coppie invitate e segretamente odiate: 9 mesi e vi raggiungiamo, carogne!
Se non siete della cricca e vi capita misteriosamente di essere invitati, vi spaccherete le balle, è matematico. Subirete scene pietose e scenette ancora peggio, giacché è IMPOSSIBILE un matrimonio oratoriano-scout senza un video/recita di cui tutti – pensavate – avevano imparato a fare a meno dopo la terza elementare.
Ecco, no: non tutti.

Il loro Shogno è e sarà ineguagliabile: di questo la sposa è serenamente consapevole e non mancherà di farvelo pesare a ogni occasione.

 

2) LA SCOPERTA PUBBLICA DEL SESSO

Il sesso è e resta un tabù: si fa ma non si dice; ma ora – almeno – si può alludere.
Il matrimonio è quell’evento che segna irrimediabilmente un prima e un dopo: prima l’immagine da madonnina infilzata che il sesso – almeno a parole – mai nella vita (infatti, a ben vedere, il sesso riguarda una parte SOTTO la vita, ma va beh); dopo la brava moglie di casa che soddisfa il marito (e se capita, se stessa).

Con le più care amiche, tuttavia, si possono lanciare messaggi in codice per comunicare frequenza, qualità e tenore generale della propria attività sessuale. Frasi tipo “I centrini son stati smacchiati a dovere”, innocentissime anche per mia nonna, nascondono in realtà una dettagliata descrizione di un amplesso di svariati minuti in addirittura DUE posizioni.
Tanta roba.

Piccola digressione su una delle frasi tematiche più abusate per descrivere quello che i comuni mortali chiamano “copula”, ossia “L’Amore in Gesù Cristo”. A quel punto, io mi sono sempre immaginato un deserto assolato nella Galilea, Gesù e il suo amico Peppe che si fanno una birra:
– “Ehi Gigio, come va la vita?”
– “Guarda, Peppe, in realtà abbastanza bene. C’ho solo una coppia di sposi proprio qui, esatto, qui, sotto il quarto muscolo intercostale, che vive l’Amore in Me. Per carità, so’ carini eh, però potrebbero viversi l’amore a casa loro che a me viene anche la sciatica”.

Il sesso è finalizzato alla procreazione: un dato di fatto che la ragazza cattolica vive con consapevolezza e rimarcando la propria scelta col prossimo, per fargliela pesare.

 

3) LA GRAVIDANZA

Ci siamo, è la notizia giusta da dare a Facebook per sottolineare che tu, giovane donna cattolica, hai seguito il manuale di istruzioni per essere realizzata. L’annuncio è fornito con un abuso di vocali, vezzeggiativi e caps lock, tipo:

IL MIO PANCINO STA PREPARANDO UN NUOVO BIMBOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOO

SARAI CARINISSIMOOOOOOOOOOOOOOOO

BRAVO IL MIO MARITINO CHE SI È IMPEGNATO TANTOOOOOOOOOO [eh va beh]

VIVA GESÙ

La gravidanza è coperta da uno sforzo mediatico imponente: foto, video, timelapse, racconti, favole, chansonnier e Bruno Vespa. Si tengono collegamenti con Rai News 24, tutti dicono la loro, tutti cavalcano la ferocissima tigre dell’entusiasmo.
Chi avanza il dubbio che, con padre e madre del genere, le possibilità che il pargolo vada a rimpinguare la categoria degli imbecilli sono alte, viene picchiato e indotto al silenzio.

 

4) LE VOGLIE

Dalla fortunata gag del litchi (o lycis, o leechis, o come cazzo si scrive) di Aldo, Giovanni e Giacomo (“Avrei proprio voglia di… ciliegia”), le voglie sono diventate un topos letterario.

Vince chi ha quella più esotica, da comunicare al mondo ovviamente con nonchalance: “Avrei proprio voglia di upupa ugandese arrosto, sai?”. La competizione tra madri qui vive uno dei suoi momenti più sottili, e si fa notare con compostezza – ma con risolutezza – quale marito è più zelante nell’accondiscendere i capricci più disparati.

 

5) L’ULTIMO MESE DI GRAVIDANZA

L’isteria domina. Lo ripeto. L’isteria. Domina.
La signora inizia ad attaccare qualunque cosa le capiti sul profilo Facebook. Unico terreno franco sono le bestioline tenere, ma dopo di quelle c’è solo il diluvio.
Le postate un vestito? “E COME CAZZO LO POSSO METTERE?”.
Le postate una foto delle Maldive? “BELLA EH LA VITA A FAR NIENTE!”
Una ricetta? “SON GIÀ UN BARILE, TI PARE IL CASO???”
Domani sera uscit… “TI-PARE-IL-CASOOOOO???”

Come è facilmente intuibile, l’ultimo mese di gravidanza è una stagione di pace, serenità e amore per il mond… “LA VUOI PIANTARE CON LA TUA VOCE DA CORNACCHIA?! MI DISTURBI! MOSTRO!”.

Dai, pochi giorni ed è finita.

 

6) IL PARTO

Il precedente stato di ansia e di intrattabilità è paragonabile all’emotività di un tifoso juventino nella settimana che precede una finale di Champions: quella tensione carica di aspettative per un appuntamento che nel profondo del tuo cuore sai che andrà male. Invece qui il lieto fine arriva, e si iniziano a calare i grossi calibri: si inizia a essere splatter, e ad esserlo pubblicamente.

Le timide paragonano la loro gravidanza alla gravidanza della Madonna, e il loro bimbo al piccolo Gesù (lo so che non mi crederete, ma se tante cose qui in mezzo sono esagerate o inventate, questa è vera: rendetevi conto).
Le più estrose invece descrivono il tutto con precisione da monaco benedettino e il gusto del sangue tipico di Quentin Tarantino: schizzi di fluidi, lacerazioni, gemiti, vagiti, urla, trapani, ventose, una trivella da metropolitana urbana e dinamite.

Vale tutto.
La spasmodica ricerca di attenzioni genera mostruosità che riducono in posizione fetale perfino i più truci bestemmiatori, orripilati, piangenti e sconvolti da una semplice domanda: “Ma perché?”.
Il giorno del parto è comunque il più bel giorno della loro vita: a quel punto, tu che ascolti, sospendi momentaneamente le tue capacità cognitive e le dai ragione, ché se no ricomincia.

 

7) IL BATTESIMO

Inizia la vendetta. Quella che quando eravamo piccoli ci sembrava una festa e quando eravamo adolescenti era una innocua rottura di scatole in realtà è un regolamento di conti.
Come le pale d’altare bizantine, più si è vicini al tavolo della signora-ormai-mamma e più si è importanti: a voi questo codice sembra astruso, ma loro ce l’hanno marchiato a fuoco nel DNA.

Coltellate fratricide volano in mezzo a sorrisi gelidi. Una buona percentuale degli invitati è stata cooptata, un’altra fetta significativa è lì presente per dovere.

Ciononostante, si riesce comunque a lasciare a casa qualcuno che – inspiegabilmente – ci teneva ad essere presente, e che da quel momento inizia a serbare rancore e/o a metter su un altro figlio per lavare il sangue col sangue: tra tre mesi quella incinta sarò io, e la mia playlist di concepimento-gravidanza-parto-battesimo sarà MIGLIORE della tua.
Capite bene i rischi di circolo vizioso.

 

8) L’ALLATTAMENTO

Tra uomini le divisioni sono semplici: uno è fascista, l’altro è comunista; uno è della Juve e l’altro è dell’Inter; Mercedes o Bmw; tette o culo.
Tra le donne, sto vedendo sempre più questa differenziazione, carica di sensi di colpa: tu allatti al seno, io no.

La cosa mi ha sbalordito, prima di tutto perché ho scoperto che le tette non erano solo un parco giochi messoci lì dalla bontà di Dio, ma addirittura servivano a qualcosa. Ma poi anche perché è un livello di pressione psicologica subdola, ancestrale, perfida.
Se una ragazza non riesce ad allattare, è assurdo stare lì a magnificare quanta gioia dà allattare, è l’ABC dell’empatia umana; e poi, cazzo, abbiamo inventato il latte in polvere apposta (ma probabilmente, essendo una cosa “contro natura”, viene visto male).

Invece, quando la nostra eroina arriva a quel punto e scopre (uff! sollievo!) di potersi accomodare nel Lato Chiaro dell’Allattamento, è tutto un fiorire di metafore diabetiche (“la cosa più dolce, la cosa più bella, la cosa più gioiosa, la grandezza di Dio che non c’entra un tubo ma va bene sempre”) straordinariamente sbandierate ai quattro venti.
È un comportamento cretino, ma purtroppo qualche ragazza del “Lato Oscuro” ne soffre: nel caso, postatele questo articolo per farle capire con chi ha a che fare.

 

9) L’AUTOCOMPIACIMENTO

Tutto, qui, è autocompiacimento.
La fase 9 è sostanzialmente metafisica: la nostra mamma ormai si compiace dell’essere compiaciuta, un cane che si morde la coda all’infinito. Ormai ci tiene a far sapere a chiunque che la sua è una vita piena, realizzata, adulta, rispettosa dei dettami e delle aspettative della società.

Come potrete intuire, il tutto vissuto con consapevolezza, naturalezza e senza assolutamente farlo pesare al prossimo.

 

10) LA MERDA

Siamo allo Zenit.
Se tutto quello raccontato prima non basta.
Se il Tavor a barrette (tipo il Galak, ve lo ricordate?) non è più sufficiente a rappezzare una tragica depressione post partum più o meno nascosta fino ad ora.
Se la gente, nonostante la nostra protagonista siano 12 mesi che sta gonfiando non vi dico cosa, non si è ancora accorta che lei è LA MAMMA PIÙ FELICE DEL MONDO (da urlare con voce stridula, il sorriso coi denti evidenti e gli occhi strizzati come se si fosse controsole), c’è l’arma definitiva.

La bomba atomica.
Il fattore K.
L’asso di coppe.
La soluzione finale.

La merda.

Sì, proprio iniziare a parlare in lungo e in largo dell’attività intestinale del pupo. Con dovizia di particolari, descrizione della frequenza, racconto di quanta gioia prova il bimbo nel cacare e quanta gioia di riflesso pervada la mamma.
Ci sono un sacco di cose da dire a questo proposito, e forse un bel giorno le diremo. Ma questa alternanza di gioia e merda che si compenetrano, manco fossero la risposta occidentale a Yin e Yang, è una immagine talmente potente, e talmente carica di significati metaforici ed allegorici da poter serenamente concludere qui.
Quando si arriva al senso più puro delle cose, ogni uomo di solito lo afferra da solo, senza che nessuno si metta lì a spiegarglielo.

Mauro Loewenthal

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