Girando per le strade di Londra mi sento stranito. È una sensazione difficile da spiegare. È la sensazione di un qualcosa che non torna. Ci ho messo un po’ a capire cosa fosse questa sensazione, ma poi ho realizzato. In questa Londra non mi sento a casa. O meglio, mi sento come se a casa, tornando da un viaggio, trovassi le pareti dipinte di colori diversi.
La verità è che non sono affatto un londinese, le mie visite a Londra sono state brevi e insufficienti per fare di me un vero conoscitore di questa immensa città.
Eppure ho sempre percepito Londra come una città familiare, come se tra Tamigi, pubs, City e Hyde Park ci fossi praticamente cresciuto.
E infatti molti degli artisti contemporanei che preferisco provengono da Londra o qui hanno basato le loro opere. Inoltre Londra era la città preferita di Cesco, mio grande amico, che la visitava tutte le volte che poteva – e ne sentiva talmente tanto la mancanza, quando non era all’ombra del Big Ben, da tenere il suo orologio sempre fisso sull’orario del meridiano di Greenwich.
E poi mi sento un north-londener, perché è la zona di Nick Hornby (tifoso scatenato dell’Arsenal); mi sembra di conoscere Soho grazie a Jonathan Coe e credo di poter entrare alla BBC o in un teatro del West End spacciandomi per dipendente grazie a David Nicholls. Mi verrebbe quasi da scatenare un White Riot in Brixton, ma poi lascio perdere, non è più il tempo dei Clash…
Ho provato a dire che ero di casa anche ad Abbey Road (dopo tutto non vengono da lì i miei dischi dei Beatles e dei Pink Floyd?!) ma purtroppo non mi hanno creduto. Alla Royal Albert Hall ho visto talmente tanti concerti che proprio non capisco perché non ci fosse un mio posto riservato, e ad Hyde Park mi aspettavo di trovare Nanni Moretti intento a leggere i suoi discorsi, come in Aprile. Pretendevo di essere accolto meglio a Camden, dopo tutte le volte che ho letto Alta Fedeltà e dopo tutte le scorribande fatte lì da Cesco in cerca di dischi.
Però, quando passeggiando per Portobello Road non ho trovato il negozio Travel Books né il pazzo gallese di Notthing Hill, ho dovuto farmene dolorosamente una ragione: la Londra che conosco io, forse, non esiste.
Certo, quella vera non è niente male, ma alla fine preferisco ancora quella conosciuta nei libri, nei dischi, al cinema e nei racconti di un amico.
Domenico Cerabona
@DomeCerabona