
“Un americano su tre non crede al riscaldamento globale? Francamente, chi cazzo se ne frega?
Non abbiamo bisogno dell’opinione delle persone sui fatti accertati: tanto varrebbe altrimenti fare un bel sondaggio su quale numero sia più grande, 5 o 15, o se i gufi esistano o meno.
L’unico modo corretto per dire che un americano su tre non crede al riscaldamento globale è dire che un americano su tre si sbaglia su qualcosa.
Ma credo di sapere perché molte persone pensano che sia ancora un dibattito aperto: perché in TV lo è”.
John Oliver
Questa frase riassume perfettamente quanto cercherò di spiegare in questo pezzo.
Iniziamo da quello che è successo qualche giorno fa in TV: una trasmissione RAI decide di fare una puntata sui vaccini invitando come ospiti un medico di nome Roberto Burioni, Eleonora Brigliadori, il padre di un bimbo autistico e Red Ronnie.
Il campanello di allarme dovrebbe suonare prima ancora di sapere le posizioni ideologiche degli ultimi tre sui vaccini: un’annunciatrice televisiva e un cantante non hanno le competenze tecniche per esprimersi sul tema, quindi non devono essere invitati a farlo in televisione.
Punto, morta lì: è la differenza tra scienza e politica, nonché il motivo per cui quando hanno scoperto le onde gravitazionali nessuno è andato a chiedere il parere di Rocco Siffredi.
La trasmissione è risultata essere un “uno contro tutti” del dott. Burioni, attaccato sostanzialmente da tutti gli altri ospiti. Alle idiozie antiscientifiche di un DJ è stato dato lo stesso spazio e la stessa dignità delle opinioni di un medico che ha studiato l’argomento per anni; naturalmente il conduttore, Nicola Porro, si è ben guardato dal fare quello che un conduttore televisivo dovrebbe fare se un ospite dice che piove e un altro dice che c’è il sole: guardare fuori dalla finestra.
Che in questo caso avrebbe voluto dire citare le centinaia di studi di tutte le università, dell’OMS etc., i quali smentiscono senza appello qualsiasi teoria antivaccinista.
In Italia i conduttori delle trasmissioni televisive hanno il ruolo delle maestrine che calmano i bambini esagitati e danno la parola a quelli che alzano la mano, il concetto di giornalismo è lontano anni-luce.
A seguito della trasmissione, è sorta la polemica se sia opportuno o meno dare spazio a questo tipo di dibattiti sulla TV pubblica. Auspicabilmente, visti gli sforzi del ministro Lorenzin sul tema, un simile osceno spettacolo potrà esserci risparmiato in futuro, anche se su questo fronte rimaniamo comunque molto indietro rispetto a paesi come l’Inghilterra (dove i farmaci omeopatici non possono essere venduti come presidi medici e le teorie non scientificamente accettate non vengono ammesse in alcun dibattito televisivo) o l’Australia (dove chi non vaccina i figli è escluso dal servizio sanitario nazionale).
Tuttavia, la propaganda di complottisti e antivaccinisti non sta ferma un attimo, e qui ci spostiamo dalla cronaca nazionale a quella locale: il 29 maggio, alla Galleria d’Arte Moderna di Torino, è previsto un convegno dal titolo “Salute, case farmaceutiche e vaccini”, i cui organizzatori e i cui ospiti principali gravitano tutti attorno al mondo del cospirazionismo (tra questi anche Dario Miedico, di ComILVa – Comitato Italiano per la Libertà dalle Vaccinazioni).
Il convegno è organizzato da “Gruppo Editoriale Uno” e “Macroedizioni”, due case editrici molto attive in quella che loro chiamano “divulgazione antagonista” o “informazione alternativa”.
Di fronte alle richieste di medici e associazioni scientifiche che hanno chiesto a Torino Musei di togliere il sostegno all’iniziativa, la reazione degli organizzatori del convegno è stata la solita tiritera isterica e vittimista: “si tratta di censura preventiva, non ci faremo mettere il bavaglio“.
Torino Musei ha specificato che la gestione degli ambienti della GAM al di fuori delle attività del museo è affidata ad un soggetto esterno, ma appare una scusa debole: permettere agli antivaccinisti di fare propaganda antiscientifica all’interno di un’istituzione della cultura torinese non può che danneggiare la reputazione tanto della struttura, quanto di Torino Musei.
Si tratta di censura, di bavaglio? Evidentemente no, perché i complottisti sono liberissimi di organizzare i loro convegni affittando una sala privata.
Ma se anche si trattasse di censura, sarebbe sbagliata? Davvero chiunque deve avere il diritto di propagandare qualunque cosa, dove gli pare? Perché non organizziamo allora un bel convegno di negazionisti dell’olocausto alla Scala di Milano? O un bel raduno dell’associazione “amici del clan dei Casalesi” a Palazzo Farnese? Perché non mettiamo il patrocinio del ministero dei Beni Culturali ad un raduno di simpatizzanti dell’ISIS?
Ci sono opinioni che non devono avere diritto di cittadinanza, perché sono pericolose per la società, e ho già spiegato come l’antivaccinismo sia altrettanto, se non maggiormente pericoloso del terrorismo. Se il soggetto esterno che gestisce gli ambienti della GAM decidesse di organizzare una convention di terroristi, Torino Musei continuerebbe a non avere niente da dire?
Non più tardi di due settimane fa l’antivaccinismo ha fatto un’altra vittima: una bambina morta di meningite, per la quale avrebbe potuto essere vaccinata. Permettere l’organizzazione di un convegno di antivaccinisti alla GAM vuol dire permettere a truffatori e ciarlatani di indossare un manto di credibilità di fronte all’opinione pubblica: l’antivaccinismo nasce da una frode scientifica di un truffatore radiato dall’albo dei medici, e grazie all’indulgenza delle istituzioni oggi fa decine di vittime, e ha fatto ricomparire malattie che si credevano debellate, come la difterite.
Torino Musei non sta mettendo solo a repentaglio la sua credibilità istituzionale, ma si sta anche prendendo la responsabilità morale di un simile patrocinio.
Non avere il coraggio di dire no oggi a un’iniziativa propagandistica di cialtroni e truffatori vuol dire prendersi la responsabilità, un domani, dei danni che costoro avranno fatto ai truffati, e ai loro figli.
La dirigenza di Torino Musei farebbe bene a pensarci.
Luca Romano
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