Ci siamo. Manca davvero poco al maxi party organizzato dai Maya. Oggi si parlerà di fine del mondo intesa in altri tre modi, non antropocentrici: in altre parole, l’umanità comunque non c’è più, ma non siamo gli unici a sparire. Le possibilità sostanziali sono tre: le prime due hanno una probabilità bassissima di verificarsi; mentre la terza è sicura, si verificherà e c’è anche una data. La data della vera fine del mondo.
Che ne dite di partire con una bella distruzione della crosta terrestre? Si è già verificata: 65 milioni di anni fa. Un gigantesco asteroide (o meteorite, che dir si voglia) si schiantò contro la Terra, più precisamente dello Yucatan, estinguendo i dinosauri, lo sapete tutti. Che capiti di nuovo è possibile, ma la possibilità è remota.
La Terra in effetti viene giornalmente bersagliata da asteroidi, e i più grandi di essi hanno le dimensioni di una pallina da baseball. Che basterebbe eccome per mettere kaputt chiunque, dovesse cascare in testa: allora perché nessuno muore di bombardamento da meteorite? A proteggerci ci sono due eroi: il primo, che ferma i meteoriti più piccoli, è l’atmosfera. Quando i meteoriti mignon entrano nell’atmosfera vengono letteralmente disintegrati dall’attrito con le particelle di gas. Anche gli asteroidi di dimensioni più grosse di norma si frantumano attraversando l’atmosfera. Uno di questi il 18 maggio 1988 precipitò a Torino, guardacaso nel cortile dell’Alenia, centrando e
distruggendo una macchina. Il suo peso fu stimato in 800 grammi. Altri frammenti furono ritrovati a Pianezza, Collegno e altri ancora a Torino.
Più serio fu quello che successe a Tunguska il 30 giugno 1908: un meteorite, probabilmente contenente ingenti quantità di ghiaccio, entrò in collisione con la Terra. La grandezza stimata era di circa 30 metri di diametro (come un autobus, per intenderci). Il riscaldamento dovuto all’attrito atmosferico lo disintegrò a 8 chilometri di altezza, facendolo esplodere con una potenza di 15 megatoni: una grossa bomba atomica naturale. Gli effetti furono devastanti: l’impatto abbatté 60 milioni di alberi e fece quasi deragliare un treno a 600 km di distanza. Ma nessun morto: Tunguska era (ed è) in piena Siberia, una zona quasi completamente disabitata.
Si stima che la frequenza di questi bestioni sia di uno ogni 600 anni; per fare un confronto, l’estinzione dei dinosauri avvenne a causa di un meteorite di 600 chilometri, un evento rarissimo che avviene ogni centinaia di milioni di anni.
Questa frequenza è dovuta al secondo eroe di giornata: il pianeta Giove,
che con la sua grandissima forza di gravità devia gli asteroidi in rotta di collisione sulla Terra su se stesso. Senza di lui gli impatti di meteoriti sulla Terra sarebbero di 8.000 volte più frequenti. Ma se un asteroide, delle dimensioni di quello dei dinosauri, fosse in rotta di collisione sulla Terra, possiamo salvarci? Sono state elaborate diverse teorie per la disintegrazione o la deviazione dell’asteroide (i film come Armageddon non sono scientificamente esatti, ma danno una buona idea delle soluzioni), usando per una buona volta le atomiche per fare qualcosa di buono.
La seconda ipotesi prevede un’estinzione di massa di tutte le specie, senza grossi danni alla Terra. Non ci potremmo fare niente, e sarebbe imprevedibile. Fortunatamente per noi, è anche rarissima. L’esplosione di una supernova (ultimo stadio di vita di una stella gigante) abbastanza vicina alla Terra (si stima circa 100 anni luce) avrebbe la capacità di spazzare via la vita terrestre, senza batter ciglio. Infatti le radiazioni, che viaggerebbero alla velocità della luce dalla stella morente alla Terra, sono silenziose. Vedremmo un bagliore nel cielo che dà l’annuncio di questa esplosione: da quel momento avremmo solo 100 anni per trovare una (improbabile) soluzione.
Ma a quanto pare siamo fortunati: stelle grandi che possano esplodere in questo modo non ce ne sono nei paraggi. Se invece una stella esplodesse più lontano, darebbe soltanto uno tra gli spettacoli più incredibili dell’Universo: se la supernova si trovasse nel raggio di 1000 anni luce, la sua luce per qualche giorno sarebbe così forte da permettere di leggere un libro in piena notte. Una stella candidata a questo spettacolo esiste: è Betelgeuse, supergigante rossa nella costellazione di Orione, distante 640 anni luce da noi: troppo lontana per fare danni, vicina abbastanza per dare uno spettacolo indimenticabile. Ma nessuno ancora sa quando avverrà: alcuni scienziati sostengono sia già esplosa e che la sua luce potrebbe arrivare da un momento all’altro, altri dicono tra un milione di anni.
L’ultima fine del mondo prevede la disintegrazione del nostro pianeta, ed ha una data abbastanza precisa: 5 miliardi di anni da adesso. Le stelle, come tutti voi ben sapete, bruciano idrogeno per vivere (fusione nucleare) producendo energia ed elio. Quando l’Idrogeno finirà, il Sole inizierà a bruciare elio.
Nel momento in cui avremo la fine dell’idrogeno, il nucleo del Sole si contrarrà su se stesso. Questo processo di contrazione (per raggiungere la temperatura di fusione dell’elio) provocherà un surriscaldamento degli strati esterni. che si espanderanno. Il Sole così inghiottirà la Terra, disintegrandola. Cin cin.
Alessandro Sabatino
@twitTagli