La festa della donna in Afghanistan: l’8 marzo delle nostre soldatesse

Elisabetta, Irene, Maria Elena, Chiara, Delia Gemma, Sara, Lia, Venusia. Mogli, sorelle, figlie, fidanzate ma prima di tutto donne, solo un piccolo campione di quelle 100 donne che trascorreranno questo 8 marzo, lontano da casa, impegnate nella missione di pace in Afghanistan; un paese dove la condizione della donna appare ancora drammatica, sebbene qualche piccolo ma significativo cambiamento sta avvenendo.

Per queste ragazze, molte giovanissime, oggi non ci saranno mimose, feste con le amiche, nottate nei locali alla moda. Forse gli auguri dei famigliari da casa e di qualche commilitone maschio. I giorni in Afghanistan sono tutti uguali, le date e le ricorrenze perdono di significato, non ci sono giorni di riposo e i giorni festivi non sono sinonimo di riposo. Nelle basi – lo abbiamo visto raccontando le esperienze del fotoreporter Alberto Alpozzi – il lavoro dei nostri militari non si ferma mai, i ritmi sono frenetici e i momenti di tranquillità quasi nulli.

Elisabetta uscirà in pattuglia a Bala Baluk con i suoi commilitoni e con la penna nera degli alpini sull’elmetto; Chiara si metterà ai comandi di un mastodontico C27, Maria Elena a quelli di un blindato Lince; Irene farà visita alle bimbe dell’orfanotrofio di Farah; Sara trascorrerà la giornata nell’ufficio stampa, Delia Gemma davanti ai terminali di telecomunicazione del comando; Lia, metal detector alla mano, bonificherà il territorio dagli ordigni improvvisati; Venusia sarà impegnata con il Female Engagement Team a sostegno della società femminile di Herat. E come loro tutte le altre donne al seguito del contingente italiano in Afghanistan.

E forse non c’è modo migliore per onorare una ricorrenza come l’8 marzo – legata al ruolo della donna nella società, alle rivendicazioni, all’emancipazione e al miglioramento della condizione femminile – che quello di aiutare un paese lacerato da una guerra ventennale a risollevarsi e soprattutto le donne afghane a riprendersi la propria dignità, dopo anni di segregazione ed emarginazione.

A loro e alle nostre ragazze in divisa va il nostro augurio più sincero.

Alessandro Porro

@alexxporro

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