La droga? La compro online

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Sul tavolo degli economisti si dibatte da tempo riguardo ad una questione centrale: il progresso tecnologico è una variabile direttamente accessibile al mercato oppure un’arma a vantaggio di pochi innovatori? Sulle prime si può dire che Internet stia segnando un punto a favore della tesi più open. Nata come mezzo di comunicazione militare, in Rete ormai viaggia la gran parte dei nostri dati – relazioni sociali incluse. Compro un cd su Amazon, scrivo all’amico di penna su Facebook e mi tengo aggiornato sui quotidiani britannici: l’economia del tempo di questi anni (perché non si tratta solo di finanza) sarebbe stata difficilmente immaginabile solo quindici estati fa. Allora perché non ci si può fare anche tutto il resto, su Internet? Si può fare, si può fare. E lo strumento ce l’ha servito – ancora una volta – la ricerca tecnologica finanziata dagli USA. Attraverso l’uso di reti cifrate come quella di Tor – sviluppata come progetto della marina militare statunitense e sostenuta successivamente dalla stessa Google, fino al 2011 – su Internet il numero dei cosiddetti black sites ha raggiunto proporzioni considerevoli.

Secondo le stime degli esperti, il “lato oscuro” del web supererebbe di 500 volte la grandezza dell’Internet normalmente accessibile. Si tratta soltanto di dati ipotetici, comunque: dal momento che il fenomeno è per sua stessa natura criptato, la ricerca dei numeri e delle identità che sottostanno a questo gigantesco sottobosco è un’impresa senza speranza di successo per le forze di polizia. Cosa succede dunque, su questi lidi poco esplorati? Di tutto, appunto: dalle più conosciute chat anonime fino alle transazioni criminali, passando per il piccolo e grande spaccio di stupefacenti e arrivando alla più inquietante pedopornografia. Con le dovute eccezioni, però: tramite la “rete a cipolla” di Tor, che maschera i veri indirizzi degli utenti con un complesso incrocio di server dislocati in tutto il mondo, è anche possibile sfuggire alla museruola mediatica imposta dalle dittature. Ed è possibile organizzare proteste, comunicare informazioni strategiche all’insaputa dei regimi, in sostanza preservare il proprio diritto alla libertà. Nei fatti, comunque, i casi lodevoli restano isolati in un mare magnum ad alto tasso di criminalità. Basti un esempio:  se riuscite ad immaginare una piazza affollata di persone senza volto e prive di documenti, intenti a scambiare armi e droga davanti ad uno stuolo di poliziotti bendati, allora siete vicini a capire la logica di Silk Road. Parliamo del più importante mercato anonimo di Internet, costruito su una struttura paragonabile ad eBay e dedicato al commercio di beni piuttosto inusuali. Tra le merci in vetrina non è difficile imbattersi in passaporti falsi e copie della famigerata “bomba Maradona”, anche se il vero scopo del portale resta la vendita di droga: dalla marijuana agli acidi, passando senza soluzione di continuità a cocaina ed eroina – spesso vendute in quantità superiori al chilogrammo, per diverse migliaia di euro.

Solo due anni fa il “pirata” Roberts, pseudonimo del gestore (o dei gestori?) di Silk Road,SnapCrab_NoName_2013-9-2_15-13-27_No-00 ha iniziato un giro di vite per vietare la vendita di armamenti sulla piattaforma. Troppe le lamentele da parte degli utenti e – forse – i dilemmi morali riguardo ai danni procurati al prossimo. Meglio la droga, spiega Roberts nel comunicato consultabile online, perché rispetta gli altri e implica una decisione che è e deve restare personale. È un sistema quasi infallibile, grazie alla non rintracciabilità dei server e degli utenti coinvolti e grazie all’utilizzo di una moneta di scambio virtuale come Bitcoin. L’unica falla in cui può inciampare il cliente è la spedizione a domicilio, dove le precauzioni e gli scatoloni senza etichette a volte non bastano: un ex agente di polizia postale, intervenuto per rispondere alle domande degli utenti sul forum dedicato, conferma che esistono grandi rischi nell’acquisto online – principalmente per i severi controlli alle dogane internazionali, che portano dritti alle manette.

Non esistono rischi abbastanza grandi, naturalmente, da porre un freno ad uno dei mercati più fiorenti, in questi tempi di crisi. Un posto – Silk Road, ma per estensione tutta la black net – dove raramente si conoscono i propri interlocutori ma dove si sta scrivendo un pezzo importante della nostra storia contemporanea. Lontano dalle leggi e vicino alla cruda realtà che si legge sui giornali, là dove i ribelli combattono i regimi autoritari e anche là dove i terroristi stringono patti da un capo all’altro del globo: un posto di cui non si parla, ma che forse sta influenzando il nostro mondo più di quanto potremmo immaginare.

Matteo Monaco  @twitTagli

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