
Il kebab è uno tra i piatti che ha avuto la maggior diffusione in questi ultimi anni in Italia: il piatto turco più famoso al mondo infatti è arrivato anche grazie all’immigrazione dai paesi mediterranei e dalla Turchia. Varie sono le ragioni del successo di questo piatto: l’economicità, l’essere sostitutivo di una cena e la velocità di consumo.
In realtà l’origine è controversa e la paternità è abbastanza contesa tra i vari paesi mediorientali, ma la si fa comunque risalire alla dominazione ottomana del Medioriente. Altri tipi di kebab sono anche presenti nella tradizione greca e cipriota, che hanno entrambe vissuto la dominazione turca. Poi con le varie migrazioni questo piatto si è rapidamente diffuso a macchia d’olio in Europa occidentale tra gli anni ’90 e 2000. Uno tra i tipi di kebab più diffuso è quello detto Doner Kebab (turco), ma non è raro trovare kebab cucinati in altri modi, frutto delle diverse culture mediterranee.
Con la sua diffusione, però, sono arrivate le prime bufale, che in particolar modo riguardano la carne del Kebab stesso, un po’ come quando giravano le leggende metropolitane che l’ingrediente segreto della Coca Cola fosse la cocaina o altre sostanze.
La pagina da cui è partita questa bufala, almeno risalendo tra le condivisioni è “NonSoloAnimali”, che riprende un articolo di curiosity, un blog aperto abbastanza di recente, ma che afferma che nei fast food si mangi un composto di ossa, budella e carne immersi in ammoniaca (dovremmo essere già morti tutti, ma così non è). Nel blog si afferma senza fonti (!) che dentro il kebab ci siano denti, ossa e occhi di animali “strani”. Ovviamente la bufala viene ripresa da “NonSoloAnimali”, che è un blog di antivivisettori e di sostenitori del veganesimo (sic!), e poi dall’immancabile “Adesso Fuori dai Coglioni”, recidivo nelle bufale (ne abbiamo smentite una lunga serie), che, avendo quasi 400.000 fans è la pagina che poi spiattella per il web le supercazzole bitumate rendendole virali. (Al momento in cui scrivo questo articolo l’immagine in questione ha 6.700 condivisioni).
Un ottimo articolo su come è fatto il Kebab che cerca di dipanare alcuni dubbi su quello scritto in questo post è contenuto in due articoli di Giornalettismo che potete trovare qui e qui.
Ora, la ricerca che viene citata è una ricerca inglese del 2009, nel quale però non troviamo traccia di cuore, occhi e denti, ma si trova che la carne di kebab è composta da carni diverse, inclusa anche la carne di pecora e probabilmente anche la carne di maiale. Il fatto che l’animale fosse incognito è dato probabilmente dal fatto che la carne di maiale non viene segnata perché considerata impura dai musulmani. Inoltre l’Inghilterra, checché se ne dica non ha una grande tradizione per quanto riguarda igiene e cibo.
In Italia la situazione è molto diversa.
Altro dato che emerge è il contenuto calorico: tra 500 e 1000 calorie (dati mykebab), confermati anche da ricerche di laboratorio. Lo studio inglese in questione dava come livello medio 1000 calorie per 300 g di carne.
Ora: è molto difficile che in Italia un panino kebab abbia 300 g di carne, in pochissimi locali ne servono una quantità così elevata (ve lo dice un esperto in materia). In media si considera che la quantità di carne presente in un kebab è di 100 g che rappresentano circa 350 calorie. Siamo molto lontani comunque dalle 1990 calorie che è in pratica il fabbisogno consigliato giornaliero ad un uomo. Nessuno ovviamente si sogna lontanamente di dire che il kebab sia un alimento ipocalorico, anzi è un alimento sconsigliato se si sta seguendo una dieta o se si soffre di colesterolo alto, soprattutto per quello che riguarda la presenza di grassi saturi e sale che sono oltre i limiti consigliati.
Inoltre in Italia le leggi sugli alimenti sono molto severe e sicuramente sarebbe molto difficile che quello che finisce sulla tavola di un kebabbaro siano ossa, occhi, lingua o altre parti di animale.
Se volete sapere come è fatto un kebab, qui alcuni utili link:
Mentre su questi altri siti (sito 1 e sito 2)trovate dettagliatamente maggiori informazioni sulle carni, che possono essere pollo, agnello, o un misto tra tacchino e pollo o tra vitello e tacchino. Sull’ultimo link si può anche trovare un video nel quale è spiegato il procedimento di produzione del kebab da parte di quest’azienda
Passiamo ai batteri: una tesi del 2008 di Alessandra Nencioni (Università di Pisa, facoltà di Medicina Veterinaria, in collaborazione con l’USL 2 di Lucca) ha riscontrato l’assenza di patogeni almeno per quanto riguarda la zona della Toscana. Altri controlli nel milanese hanno riscontrato la stessa cosa, come riportato dall’articolo di Giornalettismo. Qualche preoccupazione ha destato l’igiene di certi locali (la netta minoranza) che non seguivano appieno le Norme di Buona Preparazione (le HACCP), ma per il resto tutto in regola: la qualità dei kebab è risultata tra il buono e il discreto secondo la ricerca.
Insomma state tranquilli: è un’altra bufala in piena regola, che fa sopravanzare il mitico gruppo facebook “Adesso Fuori dai Coglioni” nella classifica dei bufalari di ogni tempo (David Icke penso sia imbattibile). Potete tranquillamente mangiarvi (con moderazione, ovviamente: come abbiamo detto non è un cibo ipocalorico, ma ha un contenuto abbastanza alto di calorie!) un kebab alla facciaccia loro.
Spezzando un’ultima lancia in favore dei kebab: nelle cucine occidentali, soprattutto nelle ricette tradizionali, ci sono piatti ben peggiori che fanno uso di frattaglie e di certo non finiscono in post come questi: nella mia regione di origine, il Piemonte, ci sono dei piatti tradizionali con parti di animale come la lingua (la lingua in salsa verde) oppure il celeberrimo piatto del fritto misto alla piemontese, in cui troviamo le cervella, i polmoni, il fegato, i rognoni (di agnello, maiale e vitello).
In Scozia, dove vivo attualmente, il piatto tradizionale è l’Haggis (ottimo davvero, consigliato da uno che lo ha provato senza sapere in realtà cosa fosse perché rifilato a tradimento da uno scozzese) che è un insaccato di interiora di pecora (cuore, polmone, fegato) macinate con cipolle e grasso di rognone e bollite dentro lo stomaco della pecora stessa. E guai a toccare l’Haggis ad uno scozzese.
Alessandro Sabatino
@twitTagli