La bomba di Zingales, la retro di Giannino: cercasi ego più soffici

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Che brutta bomba, quella lanciata da Luigi Zingales a sei giorni dall’apertura delle urne elettorali verso il “suo” FARE per Fermare il declino. Zingales se ne va sbattendo la porta, in modo più fragoroso possibile: un velenoso post su Facebook per accusare il suo leader di grave disonestà intellettuale.
Zingales ci va giù duro, parla di “disperazione profonda” che accompagna il suo gesto, e poi scandisce: “Quattro giorni fa, per caso, ho scoperto che Oscar Giannino ha mentito in televisione sulle sue credenziali accademiche, dichiarando di avere un Master alla mia università anche se non era vero“.
Prosegue: “Questo è un fatto grave, soprattutto per un partito che predica la meritocrazia, la trasparenza, e l’onestà. (…) La prima reazione avrebbe dovuta essere una spiegazione di Giannino ai dirigenti del partito, seguita da un chiarimento al pubblico. Invece Oscar si è rifiutato, nonostante io glielo abbia chiesto in ginocchio“.
E ancora: “Una bugia in televisione può sembrare un errore veniale. Per me non lo è: rompe il rapporto fiduciario tra cittadini e rappresentanti politici (…). Tollerare queste falsità mina alla base la credibilità di un movimento“.

Giannino, inequivocabilmente, incorre nella sua prima brutta figura politica; non solo, contemporaneamente si è giocato l’appoggio di uno dei suoi più credibili e prestigiosi sostenitori – ma qualcuno, su Internet, dice anche tra i meno attivi (nei commenti del post di Zingales, per la precisione).
La risposta dell’eccentrico giornalista non si fa attendere: dopo un’ora e mezza, sempre attraverso il social network bluette, Giannino ribatte: “Ho già fatto una dichiarazione all’Ansa [che per la verità, nell’orario specificato – 12.40 di ieri – non si trova sul sito, NdR], ho smentito tutto“.
Nell’intervista alla prima agenzia nazionale il leader di FARE è categorico e anaforico: “Mai preso un master a Chicago Booth (…). Su questo c’è un equivoco. Io non ho preso master alla Chicago Booth. Sono andato a Chicago a studiare l’inglese. Bastava chiederlo, e avrei risposto. (…) Io sono stato a Chicago da giovane, a studiare, e non ho preso master alla Chicago Booth“.

Un pasticciaccio brutto, nel momento in cui Giannino pareva capace di superare lo sbarramento. Ma soprattutto il momento in cui, tra completi sgargianti e linguaggio implacabile, stava iniziando a farsi conoscere dal grande pubblico.

Personalmente, mi sono occupato di FARE sin dalla sua nascita, per motivi sicuramente professionali ma anche personali: ero un affezionato ascoltatore di Oscar Giannino quando conduceva il suo programma su Radio 24, e per conto di questo sito ho realizzato un’intervista proprio a Zingales nella sua prima conferenza politica a Torino e, recentemente, un’altra intervista al giovane candidato de Caria.

Il movimento di FARE resta innovativo per stile e contenuti: una proposta politica di tal genere è sostanzialmente inedita, l’ho scritto e lo confermo. Anzi, rimango convinto che addirittura alla sinistra di Bersani e Vendola convenga l’affermarsi di un’area politica di questo genere, poiché il confronto con la destra berlusconiana è geneticamente improduttivo, mentre il centro di Mario Monti sa tanto, troppo di Democrazia Cristiana: una dialettica democratica che ci riporta alla fine degli anni ’70 non vedo che senso possa avere, soprattutto come risposta ad una crisi che impone modernità di pensiero. E addirittura spregiudicatezza.

Negare l’evidenza è un esercizio che i commentatori politici, ma anche i semplici elettori, devono imporsi di smettere: Giannino, nella famigerata intervista a Repubblica, al minuto 0.14 si attribuisce un titolo che non solo non ha, ma che non può conseguire, dato che – per sua stessa ammissione all’Ansa – non ha titoli accademici.
Zingales è pienamente legittimato a fare fagotto in qualsiasi momento; deve essere consapevole che farlo in questi toni e in questo momento ha una carica deflagrante potentissima.
Cosa consigliare in questi casi? Insabbiare momentaneamente, e poi presentare il conto ad urne chiuse? Turarsi il naso e proseguire come se nulla fosse?

Nessuno dei due pare un comportamento auspicabile: le azioni di chi mena fendenti, se non sono giustificate dalla malafede (e fino a prova contraria, non è questo il caso), non sono da indagare ma da accettare.
Giannino ha fatto bene a smentirsi e fare tempestivamente ammenda pubblica; gli elettori di FARE, però, meritano altro: in un mondo utopico, e con ego più soffici, sarebbe opportuno che Giannino si scusasse del suo peccato veniale (per quale motivo era necessario aggiungere quella postilla in quell’intervista?) e che contemporaneamente Zingales ritirasse il suo j’accuse e le sue dimissioni.
Anche perché quel movimento necessita del carisma dei suoi due cavalli di punta; e perché è francamente ridicolo far partire la prima scissione quando sostanzialmente non si esiste ancora.

Umberto Mangiardi
@UMangiardi

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