Dopo la panoramica generale riguardo all’istruzione italiana, con un focus riguardo i finanziamenti pubblici, passiamo ad esaminare più nel dettaglio i vari gradi di istruzione. Il primo grado che andiamo a vedere insieme è quello della formazione primaria. Intanto specifichiamo cosa si intende per istruzione di primo grado, che comprende la nostra scuola elementare, ossia il cosiddetto livello ISCED 1.
NUMERO DI STUDENTI EDUCAZIONE PRIMARIA
Il numero più interessante di questo capitolo ha fatto molto discutere in questi anni: ossia il numero di studenti per classe.
Questo è il prospetto del 2010 del rapporto Ocse [1]: tra le due colonne rappresentate nel grafico, quella che ci interessa è la colonna sinistra (in verde per tutte le nazioni, in blu per il nostro Paese), che indica il numero di studenti per classe. Il numero medio è inferiore ai 20 studenti per classe (18,8 per la precisione), numero più basso rispetto a Regno Unito (25,8), Germania e Stati Uniti (che superano i 20), più alto di Austria, Grecia e Lussemburgo. Questo era quello che succedeva nel 2010. Bisogna tener conto che però molte classi di scuole in piccoli paesi hanno mediamente pochi studenti. Da questo si deduce che la media di studenti per classe nelle città è drammaticamente più alta.
Questi sono i dati complessivi, tenendo conto anche delle scuole paritarie.
Questi dati ci dicono una cosa principale: non siamo messi così male come numero di studenti per classe raffrontando i dati con le altre nazioni – per quanto riguarda l’istruzione primaria. Il limite fissato per legge (2009) è di 26 alunni come massimo e di 18 come numero minimo. Nei comuni di montagna il numero minimo di studenti per classe scende a 10.
SPESA PER LA SCUOLA PRIMARIA
Trattiamo ora i numeri che riguardano la spesa pubblica (e privata) per l’istruzione primaria. I dati che vengono mostrati provengono da un rapporto dell’Eurostat (l’istituto di ricerca statistica europeo) del 2010 [2] liberamente consultabile on-line. In questo report troviamo vari capitoli di spesa riguardanti l’istruzione pubblica nel 2007. Un altro report molto importante nel campo economico è quello dell’Istituto Bruno Leoni, già citato nello scorso articolo [3] del 2012 e che ci riporta i dati del 2009.
Ora consideriamo la spesa totale (2007): la spesa per studente media sia pubblica che privata nelle scuole primarie è di 5.864 euro all’anno, mentre solo quella per le scuole pubbliche si aggira intorno ai 6.138 euro all’anno. Quest’ultimo è il dato che ci interessa, poiché vogliamo considerare quanto lo Stato italiano spende in istruzione. Non ci interessano le spese dei privati. Dei privati ci interessa un’altra voce: ossia la voce di spesa dello Stato italiano in favore dei privati. Questi dati per la scuola paritaria sono dati del MIUR del 2009 [4].
Per quanto riguarda le spese la scuola primaria è una tra quelle messe meglio in Italia rispetto ad altre nazioni europee (non sarà così per gli altri gradi di istruzione, soprattutto quando andremo a toccare il tasto più dolente, ovvero l’Università). Iniziamo dunque a vedere nella tabella 2 la spesa per studente nell’istruzione pubblica in Euro (2007):
Vediamo subito due cose molto importanti: ossia abbiamo un elevato esborso per studente per quanto riguarda la scuola primaria: la Germania ha circa la stessa spesa nostra per studente (in generale: tutti gli studenti), ma spende solo 4.590 euro a studente nella scuola primaria rispetto ai nostri 6.138. La Francia che ha una spesa maggiore per studente su tutti e tre i gradi di scuole, ma ha una spesa minore per studente nella scuola primaria rispetto all’Italia.
Consideriamo ora la spesa pubblica totale: come abbiamo visto nella scorsa puntata la spesa pubblica al 2010 era il 4.5% della spesa pubblica totale. Il 35% di questo budget va a finire nella scuola primaria e pre-primaria (scuola materna) [5]. Per fare un raffronto con le altre nazioni soffermiamoci sul rapporto Eurostat del 2010 che riporta i dati del 2007 di tutti i paesi europei e dei principali non europei.
Anche qui abbiamo varie considerazioni: spendiamo più per l’istruzione primaria sul totale rispetto a Francia e Germania, ma meno rispetto a Stati Uniti, Giappone, Svizzera e Regno Unito.
Questo è ovviamente quello che spende lo stato per l’istruzione pubblica. E per quella privata? Il numero di allievi che va nelle scuole private, “paritarie” dicendolo politically correct, è circa il 12% del numero di studenti totali. Il MIUR nel 2009 ha calcolato la spesa statale per studente di una scuola privata nel grado primario pari a 866 euro nel 2007, che sono passati a 814 nel 2009 e a 763 nel 2011 (Dati AGeSC). L’AGeSC ha anche, con solerzia, sottolineato che lo stato “risparmia” 5.741 euro all’anno. Resta ovviamente il dibattito se sia giusto che lo stato spenda soldi per l’istruzione privata. Questo risparmio è uno degli argomenti più usati da parte dei sostenitori della sussidiarietà dello stato verso i privati nell’istruzione. (Vedi referendum di Bologna)
INSEGNANTI NELL’ISTRUZIONE PRIMARIA
Gli insegnanti della scuola primaria sono stati interessati maggiormente dalla Riforma Gelmini, che ha lasciato il resto abbastanza inalterato. La riforma del 2009 infatti ha stravolto nuovamente la figura dell’insegnante: a causa della riduzione di spesa (legge 133/2008) si è reintrodotta la figura del maestro unico; si è introdotta la valutazione numerica decimale (niente più ottimo, distinto, buono, sufficiente e non sufficiente) per gli alunni e le ore sono tornate ad essere di 60 minuti e non più flessibili e riducibili a 50 per motivi di forza maggiore. Si è reintrodotto inoltre lo studio dell’educazione civica a scuola. Altra novità è stata sui libri di testo: i docenti possono infatti adottare libri di testo per cui l’editore si impegnava a non pubblicare nuove edizioni prima di 5 anni.
I docenti dell’istruzione primaria hanno un percorso universitario diverso rispetto ai loro colleghi dell’istruzione secondaria e terziaria. Gli insegnanti infatti devono avere la laurea magistrale in Scienze della Formazione primaria, che è un corso quinquennale che prevede tirocini dal secondo anno. E’ un corso a numero programmato e con test di accesso. Il vantaggio di questo corso è che dà direttamente l’abilitazione all’insegnamento per la scuola primaria e la scuola di infanzia.
Ora vediamo i dati dei docenti. Iniziamo dall’età.
La figura [6] mostra che la maggior parte degli insegnanti nella scuola primaria ha tra i 44 e i 56 anni; la media nella scuola primaria era nel 2008 di 47 anni e nel 2009. Il rapporto OCSE di 3 anni (2012) dopo fotografava un’età media di 49.3 anni. Nello stesso rapporto si evidenziava che negli altri paesi i 2/3 del corpo docente aveva meno di 50 anni. Un altro dato preoccupante riguarda l’età media di immissione in ruolo del corpo docente di ogni grado.
I grafici qui sopra sono tratti da un articolo de Linkiesta del 28 novembre 2011. E sono dati che fanno riflettere: il corpo docenti sta a mano a mano invecchiando sempre di più e con la riforma Fornero avremo gli insegnanti in cattedra fino a 70 anni: avremo molto presto il corpo docenti più anziano del mondo. Nel mentre aumenta l’età media di immissione in ruolo, e quindi aumentano drammaticamente anche gli anni di precariato. Inoltre il mestiere di insegnante è considerato come altamente usurante dall’INPS a causa dell’alto tasso di suicidi, dall’altrettanto elevato tasso di depressione, nevrosi e dall’aumentata incidenza di tumori a causa delle immunodepressioni causate da ansia e stress. E il precariato di certo non aiuta.
E i numeri del precariato parlano chiaro: i docenti a contratto determinato sono passati da 25.471 del 2000/01 (il 9,5% del totale) a 27.241 (il 10,5% del totale) del 2011: il precariato è aumentato di 2.000 unità nella scuola primaria e dell’1% sul numero totale dei docenti. In cima alle regioni precarie sono le regioni del Nord: il 17.8% dei docenti emiliani (2011) è precario, al secondo posto i colleghi lombardi (16.7%), Veneto e Piemonte sono oltre il 13%. Minimo è il tasso dei precari nel meridione: solo il 2.1% dei docenti nella scuola primaria calabrese è precario. Al sud il tasso di precarietà tra i docenti della scuola primaria si aggira tra il 6.3 e il 2.1% e questo tasso è in calo rispetto al decennio precedente. Come abbiamo visto, completamente opposto l’andamento al nord.
Ultimo dato riguarda gli stipendi e il potere di acquisto dei docenti, i dati sono tratti da un report di Eurydice del 2012 [7]
La linea rossa scura rappresenta il minimo salariale (2011), mentre la rossa chiara il massimo. L’unità di misura è il PIL pro capite della nazione.
Quindi questa figura ci dà una misura dello stipendio in relazione al potere di acquisto, o comunque il relazione alla ricchezza media. Quello che si vede, facendo un confronto con altri paesi, è che lo stipendio minimo (in relazione al PIL ) è maggiore di quello dei colleghi d’Oltralpe e agli austriaci (AT) ed è commisurabile a quello inglese (UK/ENG), mentre è inferiore a quello di tedeschi (DE), scozzesi (ENG/SCO); quello massimo invece è inferiore a francesi, spagnoli, inglesi, scozzesi, austriaci e tedeschi, ma è superiore a quello di danesi e svedesi.
Quello che dice, però, la figura impaginata qui sopra è però preoccupante: ci vogliono circa 35 anni per ottenere lo stipendio massimo, a differenza dei 6-10 anni per i britannici, dei 12 anni per i danesi, e 20 anni per i francesi. Peggio di noi solo ungheresi, romeni e spagnoli (lo stipendio italiano cresce di circa il 140% dal minimo, quello romeno di oltre il 260%).
L’ultima cosa da vedere è la variazione di salario negli ultimi 2 anni: in Italia in questo periodo gli stipendi sono stati “congelati”, mentre in quasi tutti i paesi (eccetto Spagna, Portogallo e Grecia) sono aumentati o comunque sono stati aggiustati al costo della vita.
Alessandro Sabatino
[1] La fonte primaria di questo capitolo è il post di Elisabetta Tola, pubblicato su Aula di Scienze della Zanichelli, nel quale trovate altri numeri e curiosità riguardo questo argomento.
[2] Fernando Reis, Sorin Gheorghiu; Population and Social Condition, Eurostat (2010).
[3] Istituto Bruno Leoni, La spesa pubblica in Italia ed in Europa.
[4] Dossier scuola statale e paritaria, AGeSc.
[5] In questo report i due numeri, quelli destinati alla istruzione primaria e quelli destinati all’istruzione pre-primaria sono insieme, proprio per questo motivo considereremo i dati del 2007 per confrontarli con gli altri paesi.
[6] Figura e dati tratti da: “Insegnanti italiani: evoluzione demografica e previsioni di pensionamento”, Fondazione Giovanni Agnelli (dic. 2008)
[7] Teachers’ and School Heads’ Salaries and Allowances in Europe, 2011/2012, Euridyce.