Il sovraccarico di informazioni, anche detta “Infomania”, è un fenomeno che negli ultimi mesi non sono stata in grado di controllare.
È da quando mi sveglio spesso molto stanca – anche se dormo 7/8 ore a notte – che ho deciso di investire del tempo per capire cosa stesse succedendo al funzionamento del mio apparato cognitivo.
Provo a pensare all’ultima volta che mi sono svegliata senza cercare immediatamente il contatto con il cellulare. Difficile dirlo.
La mia giornata-tipo inizia più o meno così: la sveglia suona a ripetizione tra le 6:30 e le 7:00 e prima di riuscire a lasciare il benessere del letto prendo in mano lo smartphone e controllo tutto ciò che mi sono persa nella notte.
Questo loop – controllare, accumulare e consumare contenuto fino all’ora di andare a di nuovo a letto – prosegue durante tutto l’arco della giornata e ha un evidente aspetto patologico.
Si chiama Infomania ed è il “desiderio compulsivo di controllare e accumulare news e informazioni, prevalentemente da cellulare e laptop”.
Ci deve essere una causa
In quanto animali sociali, gli esseri umani hanno l’innato bisogno di creare connessioni sociali e di realizzare se stessi attraverso la conoscenza. Ecco il perché dell’infomania, ecco perché siamo dipendenti da Internet: dà accesso illimitato a ogni tipo di informazione e ci permette di restare in contatto con familiari, amici e partner.
La tecnologia e le sue estensioni più comuni e accessibili sono così profondamente integrate con la società e la cultura, che le moderne funzionalità degli esseri umani dipendono da essa praticamente per ogni aspetto che riguarda le nostre vite.
Per darvi un’idea del vortice di informazioni in cui sono intrappolata al momento:
- più di 150 articoli archiviati nel mio account Pocket;
- innumerevoli contenuti salvati sul mio profilo Facebook;
- 172 newsletter da leggere nella mia casella Gmail;
- 5 diverse piattaforme social su cui ho un profilo attivo.
È davvero possibile assorbire attivamente tutte queste informazioni e utilizzarle in modo utile?
Secondo alcuni professori di Psicologia di prestigiose università inglesi la risposta è no.
Secondo la mia personale esperienza, anche.
Vi segnalo le due referenze citate (quelle degli psicologi inglesi):
Riflettere sugli effetti dell’infomania
Adesso che è più evidente la quantità di informazioni cui sono, e siamo tutti esposti, una domanda appare naturale: se non è possibile registrare tutte le nozioni, e se l’infomania è più simile a un attacco nevrotico di fame notturna che ad una razionale ricognizione del/sul mondo, qual è l’effetto che questo comportamento ha su di me?
Alcuni – come Nicholas Carr, autore di Internet ci rende stupidi? Come la rete sta cambiando il nostro cervello) – sostengono che la tecnologia e Internet sono strumenti di distrazione intenzionale. Aumentando la velocità del flusso di informazioni, la mente vi si adatta e velocizza il processo cognitivo: ma così non le rimane tempo sufficiente per metabolizzare tutte le informazioni.
Lottare per un po’ di concentrazione
Da bambina leggevo tutta la saga sulla vita di Alessandro Magno senza staccare gli occhi dal testo per ore. Adesso, come in effetti afferma Carr, entrare nello stato di concentrazione profonda che accompagna la lettura è un’impresa titanica.
È raro leggere qualcosa senza controllare il cellulare o aprire una nuova Tab di Chrome e perdersi in un labirinto di link.
La tecnologia (o meglio, l’infomania) sta dando nuova forma alle nostre abilità cognitive e il risultato si può descrivere come ‘distrazione cronica’.
Mi piacerebbe negare quanto detto finora e dichiarare che sono immune dagli attacchi di infomania, ma mentirei. La distrazione mi segue, qualunque attività stia svolgendo: notifiche che arrivano dalle diverse piattaforme social, email, Whatsapp. Concentrarsi su un unico task: davvero difficile.
In un articolo interessante che ho recentemente letto – e che ho trovato proprio mentre navigavo senza meta nell’Internet – una professoressa del Dipartimento di Informatica dell’Università della California racconta i suoi studi sull’interruzione. Afferma che ormai il nostro cervello gioca d’anticipo sulle distrazioni regolari e che aumenta la velocità del suo funzionamento per colmare il deficit.
Cosa stiamo perdendo
La tecnologia ha regalato grandi gioie a tutti i Millennial che come me hanno visto comparire un enorme, gigantesco computer in casa in età adolescenziale; che hanno goduto delle gioie di Msn e delle prime emoji; che hanno strabuzzato gli occhi al primo acquisto online su eBay; che hanno eletto Zuckerberg idolo indiscusso.
Con molta più fatica e molta meno gioia riusciamo a vedere gli effetti che la tecnologia ha avuto sul nostro modo di pensare e sul funzionamento del nostro cervello.
Siamo più pigri e compiaciuti, meno capaci di ascoltare qualcuno che parla e meno creativi. Abbiamo tra le mani il più grandioso strumento mai creato dall’uomo e non siamo capaci di usarlo. Ma non disperiamo, perché a tutto c’è rimedio.
Reagire all’overdose
La scorsa estate sono stata in montagna, nel cuore delle Alpi piemontesi insieme alla mia famiglia. Una delle motivazioni che mi ha spinto, a 27 anni, a trascorrere tutto questo tempo a stretto contatto con i miei genitori era il desiderio di allontanarmi dai dispositivi elettronici il più possibile.
Ha funzionato.
Dopo una settimana di trekking e di cellulare sempre senza segnale mi sentivo concentrata, organizzata e più creativa. Avevo affrontato il mio problema di sovraccarico da contenuti ed entravo in contatto con le informazioni seguendo un’ottica utilitaristica.
Mi serve? È davvero utile?
Sì, continuo a leggere.
No? Addio. No hard feelings.
Da quella settimana a oggi è capitato di scivolare di nuovo nella spirale di overdose da informazioni, ma ho imparato a reagire a quel loop. Il sovraccarico da contenuti non è un problema da risolvere, ma un problema da gestire. E per gestire qualcosa è necessario capire come funziona.
Immaginatevi project manager al comando di un reparto molto importante: sanità mentale e tempo risparmiato.
Non sono io a dover elencare i benefit che ha portato con sé la tecnologia, ma è importante realizzare quando è il momento di staccare, fare un passo indietro e ristabilire l’equilibrio con la nostra parte umana.
Alla fin fine la tecnologia ti controlla solo se glielo permetti.
Veronica Martiny