È di qualche giorno fa la notizia che nei notturni cieli d’Inghilterra ha fatto la sua improvvisa comparsa l’aurora boreale, un fenomeno straordinario che da sempre ha affascinato e stupito persone di ogni epoca.
L’aurora è un fenomeno che, normalmente, si osserva alle alte latitudini. In realtà usare semplicemente il termine “aurora” per designare tale fenomeno è sbagliato: infatti, astronomicamente ed etimologicamente parlando, con “aurora” si intende il momento di passaggio tra la notte e il dì (concetto che è andato negli anni a confondersi con quello di “alba”, che per la precisione è da considerarsi l’esatto istante in cui il Sole compare nel cielo).
Formalmente, si parla di aurora polare. Già: pochi sanno infatti che in realtà esistono due aurore, l’aurora boreale che avviene nell’emisfero Nord e l’aurora australe che avviene nell’emisfero sud.
L’aurora boreale è nota dall’antichità: già Seneca ne aveva scritto nelle sue Naturales Quaestiones, mentre i Cree (una popolazione indigena che viveva nell’attuale Canada) chiamavano il fenomeno “la Danza degli Spiriti”; nell’Europa medioevale invece era ritenuta un segno divino.
Fino al 1621 non esisteva un nome definito, però, per il fenomeno. Fu l’astronomo, matematico e filosofo (nonché presbitero) francese Pierre Gassendi che coniò il termine “aurora boreale” unendo due Dei della mitologia classica: Aurora che era la Dea della mattina e Boreas, uno degli Anemoi, ossia degli Dei del vento greci.
Ma come funziona l’aurora polare?
L’aurora polare non è nient’altro che l’interazione del vento solare con gli strati superiori dell’atmosfera. Il vento solare è un flusso di particelle cariche allo stato di plasma (per lo più elettroni o protoni, ma può anche contenere anche nuclei più pesanti) che viene emesso dal Sole e che sfugge alla gravità solare a causa dell’elevata energia cinetica tipica di queste particelle.
Questo vento è un flusso continuo, che varia di intensità in corrispondenza della variazione di attività magnetica del Sole: esso si manifesta visivamente sulla superficie del Sole con la comparsa di grandi gruppi di macchie solari.
Questo vento ovviamente viene emesso dal Sole in tutte le direzioni dal Sole: quindi parte di questo vento investe la Terra.
La Terra (per fortuna per la vita terrestre) devìa queste particelle cariche grazie al suo elevato campo magnetico.
Come si vede dall’immagine a lato, però, parte di questo vento solare riesce a penetrare dentro questo scudo ed entra nella zona meno schermata, ossia i poli. Qui le particelle cariche del vento solare interagiscono con gli atomi che compongono la parte alta dell’atmosfera (per intenderci, a 100 km di altezza dal suolo).
L’interazione fa sì che le particelle del vento solare cedano energia agli atomi dell’atmosfera, un po’ quello che succede alle palline di biliardo: l’energia viene trasferita da una pallina all’altra durante l’urto.
[AAA: questo paragrafo spiega la reazione fisica che avviene. Se non siete particolarmente interessati, skippate pure al prossimo!]
Ovviamente quello che succede tra le palline di biliardo è molto semplice, mentre quello che succede nell’interazione tra atomi è un po’ più complicato: la cessione di energia da una particella ad un’altra causa un altro effetto.
Noi tutti sappiamo abbiamo in testa la rappresentazione di un atomo come modello planetario, con un nucleo centrale e degli elettroni che ruotano intorno. Ebbene: la cessione di energia tra atomo ed atomo, in questo caso, ha come conseguenza di cambiare l’orbita dell’elettrone più esterno (detto anche “elettrone di valenza”): questo elettrone viene “sbalzato” da un orbita più vicina al nucleo ad un orbita più lontana.
Questo fisicamente vuol dire che l’elettrone si trova ad uno stato energetico più alto di quello che si troverebbe di solito.
È un po’ come il giochino delle palline dallo psicologo, in cui una pallina cede energia alle altre palline e l’ultima pallina dall’altra parte si mette in moto. In pratica l’urto tra il nucleo dell’atmosfera e le particelle di plasma del vento solare hanno come effetto quello di “eccitare” l’elettrone più esterno del nucleo, che si trova in uno stato energetico più alto di quello che si trovava prima.
Ora, però, questo elettrone si trova “male” lontano dal nucleo e quindi torna allo stato originario dopo un certo lasso di tempo. È come se noi tirassimo una molla: noi cediamo energia alla molla, che si tende, ma dopo poco questa tenderà a tornare allo stato iniziale. Nel caso della molla, essa perde energia sotto forma di calore (se toccate una molla dopo che è tornata allo stato di equilibrio la troverete più calda rispetto a prima); nel caso degli atomi essi rilasciano energia sotto forma di luce, in particolare luce visibile.
I nuclei dell’alta atmosfera sono gli stessi che compongono anche l’aria, cioé ossigeno e azoto: visto che la luce emessa risponde alle leggi della Meccanica Quantistica, l’ossigeno sarà il responsabile della luce verde e della luce rossa, mentre l’azoto di quella gialla e blu.
Ma è possibile vedere l’aurora boreale dall’Italia? Sì. Durante attività solari estremamente intense, l’aurora può essere visibile anche alle nostre latitudini: la Grande Aurora del 1859 fu visibile da Roma e da Cuba.
Normalmente, invece, le zone in cui l’aurora boreale viene vista sono l’Islanda, la Norvegia, il Canada, la Russia e il Nord della Scozia. Esiste una scala di classificazione dell’intensità dell’Aurora che viene calcolata in base all’attività solare.
L’aurora boreale che è stata recentemenet visibile dall’Inghilterra aveva, su una scala da 0 a 9, valore 5 (quindi alta attività).
Non è tuttavia possibile sapere quando avverrà un’aurora boreale: né con anni, né con mesi, né tantomeno con settimane di anticipo (come invece accade per le eclissi di Sole o di Luna). L’intensità dell’aurora boreale dipende dall’attività solare, ossia dai capricci della nostra stella: essi non sono assolutamente predicibili (se non in un lasso di tempo di pochissimi giorni, uno o al massimo due).
Il sito più affidabile per predizioni dell’aurora boreale è quello dell’Università dell’Alaska, che trovate qui, mentre sul sito del National Oceanic Atmospheric Administration (NOAA), è possibile trovare la predizione dell’aurora a brevissimo termine (circa 10-20 minuti), con una mappa interattiva che mostra le zone nelle quali l’aurora boreale (e quella australe) sarà visibile.
Sempre sul sito del NOAA, si può trovare lo stato attuale dell’aurora polare.
Alessandro Sabatino
@Ondaanomala1