Pochi giorni fa è uscito un comunicato del NOAA, la National Ocean and Atmosphere Administration, uno degli enti scientifici più importanti al mondo, che annunciava che la probabilità di comparsa del fenomeno chiamato El Niño è stimata del 70% durante l’estate dell’emisfero Nord (quindi la nostra estate) e di circa 80% in autunno (nel caso in cui in estate non facesse capolino).
Tutti noi ci ricordiamo qualche anno fa di aver sentito parlare di questo fenomeno climatico. Ma di cosa si tratta? Intanto El Niño è un’abbreviazione: il fenomeno climatico si chiama El Niño – Southern Oscillation (ENSO), perché – si è scoperto – è l’unione di due componenti, uno oceanica (El Niño) e l’altra atmosferica (Southern Oscillation).
Il termine “El Niño” deriva dallo spagnolo e significa “il bambino”, in riferimento al bambin Gesù, proprio perché il fenomeno si manifesta generalmente a dicembre.
La localizzazione del fenomeno è nell’emisfero sud, in particolare nell’Oceano Pacifico.
L’ENSO è un fenomeno di tipo caotico, che non ha una periodicità fissa (tendenzialmente si manifesta con una cadenza che va dai 3 ai 7 anni) e si manifesta con un surriscaldamento “anomalo” di 0.5°C della temperatura superficiale dell’oceano davanti alle coste del Perù e dell’Ecuador per un periodo di almeno 5 mesi.
Prima di parlare e di cercare di capire cosa comporti questo incremento di temperatura, dobbiamo fare un passo indietro e andare a capire cosa succede in una situazione “normale” (detta La Niña).
Iniziamo a visualizzare la situazione normale con un’immagine riassuntiva e cerchiamo di capire come funzionano le correnti oceaniche e atmosferiche in queste regioni.
Come si può vedere vi è una corrente dominante in Oceano, molto intensa vicino alle coste peruviane (detta Corrente di Humboldt), che è una corrente che trasporta acqua fredda dalla zone sud del Cile verso il Perù.
Abbiamo la presenza, quindi, della corrente equatoriale che porta acqua verso l’Australia e l’Indonesia: poiché ci troviamo nei pressi dell’equatore, quest’acqua nel suo percorso passerà da fredda a calda, assorbendo calore.
Questa configurazione di correnti favorisce il cosiddetto “upwelling”, ossia la risalita di acqua profonda dagli abissi verso la superficie, proprio davanti alle coste peruviane.
L’upwelling fa sì che dalle profondità marine vengano trasportati in superficie i nutrimenti per la fauna marina (principalmente plankton, ossia microorganismi di cui vanno ghiotti i pesci).
La condizione normale (La Niña), dunque, rende estremamente pescose le aree davanti alle coste peruviane ed ecuadoregne.
In atmosfera, invece, la condizione normale è di forti alisei, che hanno la stessa direzione della corrente oceanica: quindi, soffiano dalle coste Peruviane verso l’Australia.
Dal punto di vista barometrico, ossia della pressione, la situazione comune è quella di bassa pressione sul Sud-Est Asiatico e sull’Oceania, e invece di alta pressione sulle zone del Sud America.
La circolazione atmosferica sopra descritta è detta Circolazione di Walker.
Per ricapitolare: nella condizione de La Niña abbiamo acqua superficiale più fredda davanti alle coste del Sud America, con risalita di nutrienti che rende pescose le coste peruviane e cilene, temperatura superficiale più calda nel Sud Est Asiatico e nelle coste Australiane.
La circolazione di Walker porta a forti alisei che soffiano da Est verso Ovest (quindi dal Perù verso il Sud Est Asiatico), ad alta pressione sul Sud America e a bassa pressione sull’Australia e Indonesia.
Questo porta a delle piogge più frequenti nelle zone di bassa pressione e delle piogge meno frequenti su Perù, Ecuador e Cile.
Come abbiamo detto prima invece El Niño è una situazione periodica, per la quale abbiamo un riscaldamento delle acque superficiali vicino alle coste del Sud America. Questo come potete immaginare da sopra ha tutta una serie di conseguenze importanti dal punto di vista “umano”.
La prima conseguenza è a livello oceanico: il riscaldamento superficiale impedisce la risalita di nutrienti dal fondo oceanico (l’acqua calda è più leggera e quindi più stabile, tenderà a rimanere al suo posto, mentre l’acqua fredda è più densa e tenderà a rimanere in profondità). Il blocco del fenomeno di upwelling causa l’assenza di plankton ed è disastroso dal punto di vista economico per le popolazioni andine che vivono di pesca.
Inoltre, la corrente equatoriale – che scorreva verso il Sud Est Asiatico trasportando acqua calda in condizioni normali – durante El Niño si inverte e trasporta acqua calda verso Perù ed Ecuador. La figura sotto mostra le anomalie di temperatura in oceano durante il fenomeno del Niño. (Il termine “anomalia” in climatologia sta ad indicare la differenza della temperatura misurata con quella media).
La lingua rossa che parte dall’Ecuador è la tipica configurazione del Niño, che si trova su tutti i libri di climatologia.
Questo riscaldamento ha un’altra importante conseguenza, che questa volta si manifesta in atmosfera (Southern Oscillation): il sistema atmosfera è fortemente legato al sistema oceano, basti pensare alle circolazioni di brezza che si vengono a creare a causa della differenza di temperatura tra mare e terra in diversi momenti del giorno.
In questo caso quello che succede è molto più radicale rispetto alla circolazione di brezza: porta infatti ad un indebolimento degli alisei e ad un cambiamento nella mappa della pressione: avremo bassa pressione sopra le zone del Perù e alta pressione sul Sud Est Asiatico.
Questo porta ad uno spostamento delle piogge, che saranno molto più frequenti sulla costa Sudamericana rispetto che in Indonesia-Australia, dove invece vi sarà predominanza di alta pressione.
Alla fine di tutto questo discorso: quali sono le conseguenze del Niño? Il fenomeno che va sotto il nome di ENSO porta un aumento di piogge nel Sud America.
Data la presenza della catena montuosa delle Ande le precipitazioni saranno localizzate principalmente sulla costa e quindi avremo forti piogge in Perù, Cile ed Ecuador.
Questo causa, spesso e volentieri, allagamenti in queste aree e una diminuzione di pescosità nei mari antistanti (quindi, come detto, gravi danni economici).
Per contro abbiamo siccità, anche prolungata, su Australia, Filippine e Indonesia e un indebolimento dei monsoni indiani. La previsione di ENSO, da come si deduce dalle conseguenze, è quindi di fondamentale importanza. Si pensa inoltre che la frequenza e l’intensità di questo fenomeno possa essere alterata a causa del riscaldamento globale.
Detta così, a “noi” Europei potrebbe non importare un granché: per carità, solidarietà ai pescatori cileni e ai venditori di ombrelli di Kuala Lumpur, però….
Questo in realtà non è vero: El Niño (o meglio, ENSO) ha effetti su scala globale: altera, infatti, la frequenza degli uragani che colpiscono gli USA (diminuendone la frequenza e soprattutto la potenza), ma aumenta la frequenza degli uragani nel Pacifico.
Non solo: si ipotizza che la presenza del Niño alteri la piovosità europea, in particolare durante l’inverno, portando un inverno più freddo e meno piovoso nel Nord Europa e più piovoso e meno freddo nel Sud Europa.
Esiste (ma è meno famoso, dato che le sue conseguenze sono meno intense rispetto ad ENSO) un altro fenomeno climatico che riguarda più da vicino le nostre latitudini e l’Italia stessa.
Si chiama NAO (North Atlantic Oscillation), che è, però, un fenomeno principalmente atmosferico (la variazione delle temperature oceaniche sono la conseguenza e non la causa del fenomeno) e in questo caso abbiamo una fase positiva e una fase negativa: a seconda della fase possiamo avere una maggiore frequenza di piogge sull’Europa del Nord o sull’Europa del Sud.
Alessandro Sabatino
@Ondaanomala1
Si ringrazia Claudio Cassardo per le immagini e per il materiale.
Per chi volesse approfondire, qui un ottimo articolo di Climalteranti riguardo a ENSO e al NAO.