Nel momento in cui scrivo l’Europa è cinta d’assedio:
– nel Vicino Oriente da un anno si è ormai stabilmente insediato uno Stato governato da un’organizzazione terroristica il cui scopo conclamato è espandersi territorialmente fino a Vienna (come gli Ottomani tentarono di fare nel 1683) e Roma;
– a Est, dal Baltico al Mar Nero, una nuova cortina di ferro è scesa sul continente. Nato e Russia ammassano truppe e armi strategiche al confine, catapultando il mondo a una situazione pre-Gorbaciov, quando era sufficiente un incidente tra i due blocchi per far scoppiare una guerra;
– dal Mediterraneo e dai Balcani preme la più grande immigrazione di popoli da secoli, a causa di guerre, povertà e crescita demografica incontrollata;
– dall’Egeo, contro un’Unione Europea ormai marcia per gli intrecci e le collusioni con la finanza internazionale, si leva una legittima rivolta democratica, che rischia però di scatenare il panico sui mercati e di ripercuotersi sui cittadini;
– dai Mari della Scandinavia e delle Isole Britanniche fino alle pianure francesi e quelle ungheresi spira il vento dei populisti di estrema destra, che riesumano dal passato nazionalismo, xenofobia e tentazioni autoritarie;
– nei luoghi più insondabili delle nostre città si annida poi la minaccia invisibile del terrorismo, che attira giovani nati in Europa, ma risoluti nell’abbracciare una cultura totalitaria del tutto opposta alla nostra;
– e nelle periferie e nelle campagne non smette di mordere una crisi scoppiata ormai 7 anni fa e che, senza una rivoluzione nel sistema economico che ci governa, è destinata a diventare sistemica.
Tuttavia, all’orizzonte non si vedono statisti. Dove sono i Roosevelt, i Churchill, i De Gasperi e i Togliatti? Come non mai, l’Europa avrebbe bisogno di politici capaci di elaborare soluzioni complesse a problemi complessi.
L’Europa vive una crisi d’identità e culturale, non dissimile da quella patita dopo la Prima guerra mondiale. Anche allora l’Europa era governata da una classe politica inetta e incosciente, che prima impose una pace cartaginese alla Germania, addossandole debiti che sarebbe riuscita a ripagare solo nel 1988 (vi ricorda qualcosa?), e in seguito si mostrò scioccamente remissiva con i fascisti (i quali infatti la estromisero rapidamente dal potere).
Ma la parte peggiore è che Weimar, il periodo di crisi economica che favorì l’ascesa di Hitler, è già tra noi. In Grecia il prodotto interno lordo pro capite è, in proporzione, crollato agli stessi livelli di Weimar.
Chi vuole la fine dell’Europa dovrà scontarne le colpe, adesso o nei libri di Storia.
Jacopo Di Miceli
@twitTagli