Il voto Erasmus: non se ne fa niente, ma gli studenti si stanno organizzando

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Italia, anno 2013. Di fronte al problema del garantire il diritto di voto a tutti i cittadini italiani il Consiglio dei Ministri ha riscontrato difficoltà insuperabili: motivi logistici ma soprattutto di incompatibilità costituzionale alla base della decisione. Una buona fetta di aventi diritto verrà costretta all’assenteismo, con buona pace dei vari proclami “È l’Europa che ce lo chiede” – per bocca di Dennis Abbott, portavoce della commissaria – o delle dichiarazioni elettorali di Monti&Co, che si dicevano pronti a trovare una soluzione fino a qualche giorno fa – sembrava – non impossibile.

A destare non poche perplessità negli animi degli oltre 20.000 studenti Erasmus che saranno esclusi dalla possibilità di eleggere i propri governanti dei prossimi cinque anni (moltissimi di loro, paradossalmente, sono ancora a casa in attesa di iniziare la propria avventura) è stata la motivazione addotta: problemi di incostituzionalità e discriminazione. In pochi minuti è stata liquidata e tacciata di parzialismo una campagna di protesta che da più di un mese, capeggiata dagli studenti Erasmus, si proponeva di attirare l’attenzione sulla garanzia del diritto di voto per tutti gli italiani residenti all’estero, dagli studenti ai lavoratori passando per i volontari dei progetti Leonardo e Sve.

Tralasciando facili demagogie della serie “Nell’era di internet e delle tecnologie 3.0…” o la superficialità nell’analisi del problema – le varie categorie escluse dal voto, Erasmus a parte, sono soggetti che per loro natura non riescono facilmente a fare rete e conseguentemente a dar voce ai propri bisogni – il Consiglio dei Ministri ha preferito chiudere gli occhi di fronte alla situazione piuttosto che attuare una soluzione, seppur parziale, comoda e a portata di mano: bastava estendere l’articolo 2 del Decreto-Legge n. 232 del 18 dicembre 2012, ovvero la garanzia di voto per determinate categorie di elettori temporaneamente all’estero. Un’estensione della quale, per i medesimi motivi sopracitati, avrebbero potuto beneficiare solo gli studenti titolari di una borsa Erasmus, in quanto gli unici già censiti dalle varie facoltà italiane di partenza.

stemma-della-repubblica-italiana-timbroSe la tradizione tutta italiana del nascondersi di fronte ai problemi ha dunque avuto la meglio, sono le interpretazioni delle accuse a sorprendere: di fronte ad un decreto legge (a questo punto) già evidentemente incostituzionale (in quanto “discriminatorio”: l’articolo 2 prevede la tutela del diritto di voto soltanto per i componenti delle Forze armate o delle Forze di polizia in missione, dei dipendenti di amministrazioni dello Stato o di regioni o province autonome, e dei ricercatori e professori universitari momentaneamente all’estero) risulta di difficile comprensione vanificarne il tentativo di estensione e conseguentemente di miglioria, adducendo proprio i difetti principali del testo originario come impedimenti insuperabili per procedere, scadendo in un infantile “per non scontentare nessuno non facciamo votare nessuno”.

All’emissione del comunicato, avvenuta nella giornata di martedì 22, come di consueto il caso si è sgonfiato: chiusi i taccuini, smontati microfoni e telecamere, assieme ai giornalisti anche le attenzioni di politici e politicanti (che a parole promisero mari e Monti da dedicare alla causa) si sono spostate verso altri lidi; perfino l’Europa, che aveva preso posizione sulla vicenda perché gli studenti italiani all’estero non venissero “svantaggiati né disincentivati nella mobilità”, si è repentinamente tacitata.

Un bell’esempio, parrebbe, di strumentalizzazione politica e mediatica di un problema reale: ricevuto, accolto, rigirato a proprio piacimento, svuotato e poi abbandonato. In tutto questo è stata però tralasciata una variabile, gli studenti. Se ne rimarranno in un angolo a guardare lo spettacolo della propria protesta che, portata alla ribalta da altri, è stata tramortita e abbandonata morente? Non credo. E l’appuntamento è già fissato col prossimo capitolo della storia.

– continua –

Stefano Rosso

@twitTagli

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