Il titolo cicciottello: punirne uno per (far finta di) educarne cento

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A pensarci bene, non lo so.
“Il trio delle cicciottelle” è espressione infelice, va bene; un giornalista dovrebbe limitarsi a descrivere fatti ed eventi senza offendere; il “cicciottelle”, che sotto i baffi avrà fatto ridere e sorridere buona parte degli ipocriti italiani, era fuori luogo. Va bene.
Ma perché è offensivo o perché non possiamo avere la certezza che, se fossero stati TIRATORI d’arco, li avrebbe anche definiti “cicciottelli”? Ho le idee confuse.

Oggi hanno licenziato il direttore che ha fatto passare quel titolo, hanno chiesto scusa alle fanciulle e l’ordine è ristabilito. Ne puniamo uno facendo finta di educarne cento.
Il titolo infelice è stato strumentalizzato, per chiacchierare. Di questa guerra fra uomini e donne, di una parità che non esiste e per cui bisognerebbe lottare.
Io, da persona (e non da donna), sono incazzata perché abbiamo giornalisti inattendibili e quotidiani servi di chi paga di più. Che fanno soldi su un titolo che ha raccolto vendite di copie plurime e poi licenziano perché l’opinione pubblica è contro (e le vendite del giorno successivo rischiano di scendere, e sotto olimpiadi sarebbe un dramma economico).
Abbiamo un giornalismo scarno e scarso. Privo di etica. Per essere certi di avere un’idea vicina alla realtà dei fatti (cronaca o politica che sia) serve avere il tempo di leggere almeno sei giornali. E il risultato, per me, non è mai certo.

Da donna, invece, di questa guerra tra sessi comprendo poco. Davvero. E sono confusa su questo discorso. 
Io non mi sento discriminata. In nessun colloquio mi è mai stato chiesto se avessi figli, fossi sposata, volessi figli a breve (forse una volta su dieci, ma non credo sarebbe stato determinante). Se avessi figli il problema organizzativo ci sarebbe, o forse nel mio caso no, ma perché vorrei poter fare anche la mamma. Che non vedo come un minus, comunque.
Conosco padri di famiglia disperati perché rischiano di perdere il lavoro e sentono sulle spalle una grande responsabilità, perché la moglie ha scientemente deciso di fare la mamma e la casalinga a tempo pieno. Forse anche loro non se la passano bene.

Ho molti amici maschi cui le donne “cicciottelle” piacciono e, per quella che è la mia esperienza, nel rapporto con il mio corpo e tutte le imperfezioni annesse ho trovato molto più terapeutico confrontarmi con fidanzati e amici maschi che non con le femmine. 
Sono riusciti a darmi una visione di me e della mia femminilità assai più completa, che va ben oltre la cellulite o le smagliature su cui si soffermano le femmine. Se ci vogliamo magre e non ci accettiamo, il problema non credo sia nei maschietti.
Ci sono almeno altre venti ragioni più importanti, dei maschietti, per decidere di andare in palestra o prendersi cura di sè. Questo per dire che al “cicciottelle” di un uomo va forse data un’eccezione diversa, rispetto a quella di una donna. Al di là del fatto che sia offensivo o meno, non ne farei una guerra fra sessi.

Forse dobbiamo un po’ imparare ad accettare di essere differenti, maschi e femmine. Forse vittimizzare le donne serve proprio a poco. Le femmine, assicuro, guardano e commentano il fisico dei giocatori di pallanuoto e calciatori, al pari dei maschietti.
Le giornaliste sportive potrebbero fare loro questo dato sociale, per parità dei sessi, e parlarne. Tutti rideremmo di più, senza scomodare la discriminazione.

Comprendo che sia un discorso complesso, ma io sono pure contro il concetto di “quote rosa”. L’arrivismo che trovo in certe donne, e che mi inquieta alle volte, le porterà di certo ovunque. Credo sia solo questione di tempo.
L’unica differenza che percepisco come limite, determinato dal mio essere donna, e che mi crea fastidio non riuscire a superare, è quella di non poter davvero circolare serena ovunque. Con Bla Bla Car, per dire, mi sono fatta 16 ore di macchina con tre ragazzi, ma solo perché ero insieme al mio fidanzato. È stata una bella esperienza (nonostante la gelosia del mio ex che, con il suo metro e novanta di altezza, si sarebbe voluto sedere in mezzo dietro, per evitare che sconosciuti mi sfiorassero).
Da sola, ammetto, non lo farei. E mi dispiace. Ma questo è l’unico limite di cui volendo avrebbe un senso parlare e scrivere.

Roberta Salerno

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