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Quanto tempo perso per provare a controllare Renzi, per provare a mediare, per attuare il classico schema D’Alema: facciamogli fare il premier, che poi tanto il partito ce l’abbiamo in mano noi.
Lo schema D’Alema, in realtà, non ha mai funzionato. E da Occhetto a Renzi, gli eredi del PCI hanno perso tutti i caratteri di una sinistra radicata, di popolo e non moralista, fino a perdere proprio la natura stessa di sinistra e la forma di partito. Si sono accettate persino le primarie in nome di quello schema, con l’idea che tanto poi decideva tutto il partito, senza pensare che il virus di personalizzazione della politica inoculato dalle primarie avrebbe distrutto il partito e la democrazia italiana.
Intelligenza politica avrebbe dunque consigliato di non usare nel frangente decisivo, quello in cui era a rischio proprio la sopravvivenza, lo schema D’Alema. E invece no, tutti allegramente a seguire lo schema. Diciamo che adesso s’è fatto un po’ tardi e quindi si prova rabbia per il tempo perso. Ma io provo ancora più rabbia per le tante compagne e i tanti compagni che sono stati emarginati in questi anni. Sì, perché l’idea che alla fine il partito avrebbe superato indenne tutte le prove ha mantenuto al potere – a livello locale e a livello nazionale – un gruppo dirigente fatto di persone senza cuore e senza cultura, abilissime nelle trame di corridoio, nei dalemoni appunto.
E, dunque, sono rimasti gli aridi, quella senza umanità, senza più alcuna cultura politica – che esibiscono solo formalmente sotto forma di battute sull’apparato o riferimenti meramente nostalgici alla storia passata che in realtà non si conosce ma si è solo orecchiata in decenni di apprendistato nei corridoi di partito –, ceto di notabili che, paradossalmente, si è consegnata all’ultimo capo, quello che avrebbero dovuto stritolare nelle spirali del partito.
E perché si sono arresi e consegnati? Lo hanno fatto perché puntare tutto sul partito e sulla sua capacità di rendere innocui i vari leader che stavano cambiando la sua stessa natura, ha creato appunto un ceto, un gruppo di tessitori di trame senza più popolo e, quindi, senza più partito, dirigenti che dirigono solo se stessi in trame inconcepibili dall’esterno, in cui non è in gioco un grammo di contenuto politico effettivo, in cui non vi è più alcun referente sociale, alcuna presa di posizione effettiva dalla parte del lavoro e dei ceti più deboli della società. E quel gruppo di dirigenti senza popolo, alla fine, è diventato la copia in minore del leader che avrebbero dovuto stritolare nelle maglie del partito. E ora quelle copie in minore si rispecchiano beate nel loro leader.
E il partito non esiste più, è la fotocopia del leader solo al comando. Quindi, ora il problema non è più quello di riprendersi il partito, magari cambiando schema. Ormai, la mutazione è avvenuta e non c’è più niente da fare. Si tratta ora di ricostruire un gruppo dirigente che diriga davvero con cuore, umanità e cultura politica, dalla parte del lavoro e dei più deboli. Si tratta di avere dunque dirigenti e popolo, partito e società.
Sì, bisogna lavorare per costruire un nuovo soggetto politico, per valorizzare e ridare voce a tutti quei compagni e a quelle compagne che sono stati emarginati dai notabili, sapendo che quell’emarginazione è avvenuta proprio in nome del partito e della sinistra. Questo va ricordato per evitare l’errore di spostare da una parte all’altra quei notabili, sempre appunto in nome della sinistra, del partito e delle gloriose bandiere.
Volete che le bandiere siano ancora gloriose? Bene, sappiate che ci sono tanti compagni e tante compagne che aspettano di essere messi al lavoro e alla lotta, che aspettano di essere richiamati o chiamati in servizio…
Claudio Bazzocchi
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