Non piace questo governo a quelli per cui non va mai bene niente, per cui il compromesso è prima una resa e poi un tradimento. Oltranzisti del duropurismo, o con me o contro di me. E quindi, ovviamente, restiamo immersi nella stessa melma di prima.
Non nego la melma, e concedo anche dubbi sulla qualità degli spalatori: ma a costo di andare contro la mia stessa natura cerco di contrastare con ombrellino portatile l’uragano di pessimismo in cui (e da cui) siamo sbatacchiati fin dalla fine dell’ultimo Governo Berlusconi.
Vi risparmio la giaculatoria di nomi, competenze, buoni propositi e sani principi per cui questo Governo alla fine è il meno peggio di quel che poteva capitare; e evito le prediche sul particolare che il Pdl è stato votato dal 30%, piaccia o no, e che quindi un governo trasversale deve comprendere anche loro, soprattutto dopo le pernacchie pentastellate.
Ma vorrei faceste attenzione alla partenza e all’arrivo. La partenza vede schierate Josefa Idem e Cècile Kyenge, italiane per scelta.
Il nord ed il sud del mondo, trovatesi in Italia con storie, percorsi e circostanze diverse. La prima circondata dalla gloria sportiva, la seconda da una (stra)ordinaria storia di emigrazione.
Una tedesca e una congolese si siederanno quotidianamente ad un tavolo per decidere come migliorare, giorno dopo giorno, il Paese da cui sono state adottate.
La simbologia dei due nuovi ministri è deflagrante: della Kyenge si conosce tuttosommato poco, al di là delle scarne (e wikipediane) informazioni; della Idem la sua intelligenza e la sua feroce determinazione. Entrambe vengono catapultate in Parlamento solo dopo le recenti elezioni, e questo è un elemento di difficoltà, inutile negarselo: gli assessorati locali che han gestito finora non sono comparabili con la macchina governativa.
Ma la nordica e la nera non sono soltanto due belle figurine da piazzare nei titoli dei giornali: sono, nel loro piccolo, un manifesto programmatico. Quello di un’Italia che fa i conti con la sua dimensione europea e mondiale. Da una parte la mescolanza dell’Europa di oggi, dall’altra il punto di arrivo delle mille fughe dalla miseria e dalla guerra.
L’arrivo dell’Italia, allora, è un’Europa che si ricolloca al centro del panorama globale, prima di tutto ricompattando le sue identità continentali per poi continuare ad essere un territorio che garantisce libertà, prospettive e futuro a coloro che sbarcano, drammaticamente, sulle sue coste.
Almeno, speriamo.
Umberto Mangiardi
@UMangiardi