Avrete visto tutti il video di Berlusconi che fa allusioni sessuali degne di un bar di periferia ad una, per la verità neanche troppo dispiaciuta, impiegata davanti a centinaia di persone gaudenti e plaudenti. Senza essere manichei è oggettivamente una scena che strappa un sorriso: certo un po’ amaro, ma indubbiamente – se non si è accecati dall’odio verso il Silvio nazionale – non si può non riconoscere nel leader del PDL una capacità di stare sulla scena eccezionale. Come non si può negare che anche Grillo ha la stessa capacità di tenere banco, ogni giorno con una grottesca sparata nuova: che sia il non antifascismo, il salario minimo garantito a mille euro o la contrarietà allo ius soli per i figli degli immigrati nati in Italia.
È indubbio che nessuno dei contendenti abbia la loro capacità di comunicare e farsi capire. Ma, se ci pensate, loro hanno anche un grande vantaggio: entrambi si presentano come “battitori liberi”, infatti nessuno dei due si candida a governare il Paese; tutti e due non si vedono come capi di governo, bensì in ruoli diversi. Fioccano così le proposte più assurde ed incredibili – è inutile ripeterle, le conoscete tutti.
Molti si domandano come sia possibile che una larga parte dell’elettorato creda in questi “pifferai”: ancora una volta nel caso di Berlusconi; per la prima volta nel caso di Grillo. Qualcuno parla di dittatura dell’informazione, altri di una stupidità dettata dalla poca cultura, altri ancora danno la colpa alla rabbia latente che si è generata nei confronti della politica. Certo, tutte queste cose sono in parte vere; ma credo che il problema di fondo sia un altro: un problema sociologico. Dare il voto a persone che percepiamo uguali o addirittura peggio di noi ci dà la scusa per essere indulgenti con noi stessi e, in definitiva, ci risparmia dall’assumerci le nostre responsabilità. Uno specchio che ci mostra migliori di quello che siamo, mascherando i nostri stessi difetti.
Votando qualcuno che – sappiamo – fischierà a una bella donna appena gli passa di fianco – fosse anche la First Lady americana – ci farà sentire meno in colpa quando lo faremo noi. Votare qualcuno che ci dice “È un dovere non pagare le tasse quando sono troppo alte” ci fa sentire quasi degli eroi quando evadiamo. Avere un capo di un partito che manda a fanculo (cit.) mezzo mondo, fa battute omofobe, dice che se non va bene quello che propone “vi potete togliere dalle palle” (sempre cit.) e che vorrebbe mandare tutti gli immigrati a casa loro, beh ci risparmia un sacco di fatica.
Perché invece è faticoso votare qualcuno che fa proposte meno semplici, più complicate e tortuose, non solo da capire, ma anche da portare a termine. Purtroppo le proposte serie non possono essere del “tutto e subito”, del facile, del “dal primo Consiglio dei Ministri”. Ed è soprattutto difficile votare per una persona che sentiamo “migliore” di noi. Nel senso più nobile del termine: inteso come “persona che vorrei poter diventare”, e non a livello economico ma – posso dirlo? – morale.
Questo atteggiamento è un’evoluzione de “l’indifferenza” tanto deprecata da Gramsci; questa è infatti una senziente mancanza di volontà di assumersi le proprie responsabilità di elettore.
Io spero che in questi ultimi giorni di campagna elettorale ci sia una riscossa del Paese da questo punto di vista, perché noi tutti ci meritiamo un governo serio per i prossimi anni. E quantomeno metto le mani avanti: se votate in maniera sconsiderata poi non voglio sentire neanche una lamentela, perché stavolta la differenza tra proposte responsabili e sparate elettorali è chiarissima.
Domenico Cerabona
@DomeCerabona