Il DEF spiegato da Enrico Morando

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Enrico Morando è uno storico esponente della sinistra liberal-democratica italiana, da anni si occupa di riforme, soprattutto in campo economico. 
È stato uno dei principali ispiratori del “progetto” del Partito Democratico per come era stato inteso da Veltroni ed uno degli ispiratori del programma economico con cui Renzi si è presentato alle primarie. Quindi fu del tutto sensata e anzi scontata la sua nomina a Vice Ministro dell’Economia del Governo Renzi.
Ieri, a Torino, in un’iniziativa organizzata dalla “sua” LibertàEguale, Enrico Morando ha illustrato le logiche che hanno ispirato il DEF (ossia il documento di programmazione economico-finanziaria) che il Governo sta per varare, e lo ha fatto con la solita competenza ed onestà.
Questi i tratti salienti.

Il primo, e di gran lunga più interessante per tutti gli italiani, è quello sugli ormai famigerati 80 euro di tagli di Irpef per i lavoratori che guadagnino sino a 1.500 euro al mese. Nel dibattito di queste settimane si ha avuto l’impressione che si tratti di una manovra “una tantum” che serva per dare uno shock all’economia in questa fase di emergenza.
Morando ha spiegato che non solo non parliamo di una manovra spot ma anzi che si tratta di una riforma strutturale; ed è importante percepirla come tale. I fruitori di questo “bonus”, in altre parole, devono sapere che questi 80 euro arriveranno tutti i mesi, da lì in avanti. Se interpretassero lo sgravio Irpef come “una tantum”, invece che essere propensi a spendere, saranno portati a risparmiare il bonus. E questo azzopperebbe l’efficacia della manovra (avevamo provato a spiegarlo qualche settimana fa), vanificando la ragione stessa per cui essa è stata pensata (ovvero stimolare l’economia dal lato della domanda).

E non finisce qui: questa manovra non solo sarà confermata negli anni a venire, ma sarà addirittura potenziata. Se quest’anno per il taglio dell’Irpef sono previsti 6.5/7 miliardi di euro, l’anno prossimo per tale capitolo di spesa saranno stanziati 10 miliardi.
Tale aumento andrà a coprire (altra cosa molto importante spiegata ieri dal Vice Ministro) i contributi previsti per l’anno prossimo anche a vantaggio dei cosiddetti “lavoratori incapienti”, ovvero coloro che non pagano l’Irpef perché percepiscono un salario troppo basso.

Tuttavia, e questo è un punto focale del pensiero di Morando, queste manovre – per quanto importanti – rischiano di essere sostanzialmente vane se non sono inserite in un progetto di riforme strutturali di medio-lungo periodo.
D’altronde, dice giustamente il dirigente alessandrino, l’Italia è l’unico dei grandi paesi europei a non aver affrontato un governo di stampo riformista di cinque o dieci anni, in grado di andare a cambiare profondamente il Paese nella direzione in cui da troppo tempo si parla.
Dunque, qualunque manovra economica sarebbe un blando tappabuchi se non inserita in un piano più ampio di ammodernamento del Paese, che deve partire dal superamento del bicameralismo perfetto e dal varo di una nuova legge elettorale.

Ragionamento simile si deve fare per quanto riguarda la riforma del mercato del lavoro e della giustizia. Sono tutti aspetti che spesso vengono visti come slegati dall’economia “reale” ma che, ha spiegato efficacemente Morando, sono fondamentali per un migliore andamento dell’economia e – soprattutto – per attrarre investimenti esteri: chiarezza nelle norme che regolano i rapporti di lavoro e certezza sui tempi della giustizia civile, sono elementi cruciali per coloro che decidono di investire in Italia.
Ma non è tutto rosa e fiori: un  aspetto che sicuramente sarà fonte di enormi discussioni tra gli analisti sono i tagli previsti per i prossimi due anni.

Morando ieri ha parlato di 32 miliardi di euro da piazzare sul taglio del cuneo fiscale che saranno reperiti dalla “spending review”. Stiamo parlando di due punti di PIL (un punto del prodotto interno lordo annuo del nostro Paese è calcolato in circa 16 miliardi di euro: lo dice Morando stesso) da trovare sostanzialmente raschiando via la spesa improduttiva dello Stato.
Mi sembra – ma certo io non ho le competenze specifiche per dare un giudizio di merito – una cifra enorme da trovare in così poco tempo: qui non stiamo parlando di qualche milione di euro in meno da risparmiare in stipendi dei senatori ed auto blu, ma di cifre piuttosto considerevoli. Il timore è che questi soldi vengano trovati tagliando spese “vive” dello Stato come sanità, scuola, investimenti pubblici. Settori che hanno già subito pesanti tagli durante le politiche di austerità portate avanti dagli ultimi governi.

Domenico Cerabona
@DomeCerabona

 

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