I limiti della politica monetaria europea nella Grande Recessione

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Anche alla Banca Centrale Europea si è iniziato a parlare di Quantitave Easing (cioè “alleggerimento finanziario”, le volgari immissioni di moneta stampata di fresco). Con qualche anno di ritardo rispetto a Stati Uniti e Giappone, ma meglio tardi che mai.
L’esempio americano sembra l’ultima spiaggia di Draghi per combattere il pericolo deflazione nella zona Euro e riallacciare il meccanismo di trasmissione della politica monetaria.
La pioggia di denaro facile degli ultimi anni, infatti, non è mai arrivata all’economia reale, fermandosi nei bilanci delle banche europee.

IL QUANTITATIVE EASING AMERICANO – Le banche centrali di tutto il mondo, dalla Fed alla Bank of Japan, hanno risposto alla crisi economica con un’iniezione di liquidità nel sistema senza precedenti.

Il Quantitave Easing (QE) americano e giapponese consiste nell’acquisto mensile di titoli con decine di miliardi di dollari di nuova emissione. La Bce, d’altro canto, ha dato il via fra il 2011 e il 2012 a due massicce operazioni di Long-Term Refinancing Operations (LTROs), cioè prestiti a basso costo alle banche europee.
L’intento fu, da una parte, di evitare il tracollo del sistema bancario da una parte; dall’altra, di rimettere in moto il credito verso l’economia reale. Il primo obbiettivo è stato raggiunto, il secondo no.

LE OPERAZIONI DI RIFINANZIAMENTO EUROPEE A LUNGO TERMINE – I bassi tassi d’interesse e le maxi-operazioni di LTROs non hanno avuto particolare impatto positivo sull’economia reale.
Il meccanismo di trasmissione della politica monetaria si è bloccato. Le banche europee sono state sommerse di liquidità, ma questo denaro non è andato ad imprese e consumatori.

La prima tranche di LTROs è stata emessa il 22 dicembre del 2011, la seconda il 29 febbraio del 2012, per un valore totale di oltre 1.000 miliardi di euro (in grigio nella griglia).
Com’è evidente dal grafico, questi soldi non sono arrivati a cittadini (linea rossa) e imprese (linea azzurra).
Sono invece stati utilizzati per l’acquisto di titoli finanziari, e in particolare titoli di debito pubblico. Con un doppio vantaggio: per le banche, di mettere ordine nei propri bilanci devastati dalla crisi finanziaria; per i governi, di diminuire il costo del proprio debito.

Il grafico seguente mostra invece la variazione nel tempo delle componenti “prestiti” (linea scura) e “titoli di debito pubblico” (linea più chiara) negli assets del sistema bancario europeo.
Dopo la fine del 2011, data della prima tranche di finanziamenti, i bond pubblici hanno cominciato a salire nei bilanci bancari, e i prestiti a famiglie e imprese calare.

UN QUANTITATIVE EASING EUROPEO? – Un nuovo piano di QE anche da parte della Bce, di cui si sta parlando in questi giorni e che ha già ricevuto l’appoggio unanime del consiglio direttivo, dovrebbe essere mirato a riparare questa falla: trasmettere il denaro all’economia reale.

La Bce, infatti, intende comprare solo titoli privati e non pubblici (a differenza della Fed): in particolare gli Abs (Asset Backed Securities), cioè prestiti ai privati cartolarizzati (con rating elevato). [1]
Gli ostacoli però sono tanti: tempi lunghi, quantità di Abs limitato sul mercato europeo, potenziale creazione di bolle finanziarie. E, non ultimo, il sospetto che a beneficiare di questa immissione di liquidità saranno soprattutto i bilanci degli istituti bancari.

Nella situazione attuale di quasi-trappola della liquidità, con un’economia europea ancora stagnante, le politiche di solo stimolo monetario non sembrano sufficienti per far ripartire il sistema.
Da un lato le banche, soprattutto nell’Europa meridionale, trovano più sicuro investire in titoli meno rischiosi rispetto a concedere prestiti (dove già hanno subito sofferenze).
Dall’altro lato è calata la domanda di credito delle imprese, che dipende direttamente dal reddito e risente della congiuntura negativa. L’unico modo per rifar partire la domanda è che il reddito ricominci a crescere.

Le politiche espansive della Bce non vanno quindi pensate unicamente come “monetary tool”, ma come “monetary-fiscal tool” [2]: manovre, cioè, per facilitare politiche di stimolo fiscale da parte dei governi, abbassando lo spread, risanando i bilanci delle banche e “dando tempo” agli esecutivi.
Ma se la linea politica Europea continuerà a essere quella dell’austerity a ogni costo, quest’occasione andrà sprecata.
Gli Stati Uniti non sono usciti dalla crisi solo grazie al Quantitave Easing della Fed, ma anche grazie alle politiche di stimolo fiscale del governo Obama. Senza di quelle, l’Europa sembra destinata alla stagnazione.

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[1] V. Lops, “Che cosa cambia per banche, imprese, famiglie e mercati se la Bce “stampa” 1.000 miliardi”, IlSole24Ore.com (consultato 10 Luglio 2014)
[2] T. Fazi, “Helicopter Money For The Eurozone?”, Social Europe Journal, 14 February 2014

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