Global Warming volume 5 – la crescita del livello dei mari

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Carteret, Kiribati, Cartí Sugtupu. Probabilmente questi tre nomi non li conoscete, anzi probabilmente non li avete neanche mai sentiti pronunciare. No, non sono delle nuove località turistiche, nonostante siano vicine geograficamente alle mete esotiche più gettonate quali Australia, Polinesia e Caraibi.

  • Carteret è un arcipelago appartenente alla Papuasia Nuova Guinea, al confine tra Oceania e Asia. Fino a qualche anno Carteret fa contava sei isolette sulle quali vivevano oltre 3.000 persone.
    Negli anni il mare è salito, strappando centimetro su centimetro di terra, fino ad inghiottire isole intere: gli scienziati prevedono che nel 2015 l’arcipelago non esisterà più.
    Due delle sei isole sono già state sommerse, cancellate dalla cartina geografica.
  • Kiribati è una nazione dell’Oceania. Non è nuova alle umiliazioni causate dalla razza umana: le sue spiagge, una volta incontaminate, nelle quali gli aborigeni vivevano a contatto con la natura, hanno visto sorgere almeno 32 albe artificiali.
    Bombe atomiche che americani e inglesi (in uno sfoggio di muscoli per intimidire l’orso russo) testarono sull’Isola Christmas. Dopo le atomiche, è il turno del mare.
    Anche qui, anno per anno, il mare sale lentamente, come se non avesse fretta, a inghiottire queste isole, che attualmente ospitano oltre 100.000 abitanti.
  • Cartí Sugtupu è un gruppo di isolette che appartiene a Panama. Isole basse, come Carteret e le Kiribati. 2000 abitanti che dovranno essere evacuarti a breve, quando il mare salirà fino ad inghiottire le isole.

Tre storie, dunque, a migliaia di km di distanza, ma con un’unica morale: il riscaldamento globale sta iniziando a chiederci il conto.

Il livello del mare, infatti, sta salendo inesorabile dall’inizio dell’era industriale. La ragione è semplice: espansione termica (la stessa ragione per cui vengono messi dei giunti di dilatazione nei ponti o nei binari: uno spazio vuoto in modo tale che, quando arriva l’estate, i binari non subiscano strane distorsioni).
Il principio è circa lo stesso: se riscaldo un liquido (o un solido), esso aumenterà di volume.
Se a riscaldarsi è l’Oceano, l’Oceano aumenterà di volume e di conseguenza, dato che non può espandersi in basso, si espanderà verso l’alto.

Come sappiamo esistono aree in cui il riscaldamento globale è maggiore e aree in cui è minore: allo stesso modo, ci sono aree in cui la crescita del livello del mare è maggiore e altre aree in cui è minore.
Partiamo proprio dall’Oceano Pacifico: uno tra gli studi più importanti è quello di Church [1] del 2006, che evidenzia come negli ultimi 10 anni nella parte occidentale del Pacifico il livello del mare sia cresciuto ad un ritmo di 30 mm all’anno.
Al “secondo posto” troviamo l’Oceano Indiano, con il suo ritmo di innalzamento di 10 mm all’anno.

Sono proprio queste due le situazioni più preoccupanti: se l’Oceano Pacifico (costellato di atolli, ossia isole vulcaniche molto basse, che si alzano anche solo di 3-4 metri sulla superficie dell’acqua), ha una popolazione tutto sommato limitata (circa 3-4 milioni, escludendo le tre isole maggiori: Nuova Guinea, Australia e Nuova Zelanda) ed ha una bassissima densità (circa 5 ab/km2), l’Oceano Indiano è tutta un’altra storia.
Esistono infatti due nazioni a grosso rischio: le Maldive (anche qui un gruppo di atolli, con una popolazione di 300.000 abitanti) ma soprattutto il Bangladesh.

Per chi non lo sapesse, il Bangladesh è l’ottavo stato al mondo per popolazione (circa 100 milioni di abitanti), con una densità di oltre 1.000 ab/km2.
Il suo territorio si trova sul delta del Gange (fiume noto per le sue piene, che negli ultimi anni – si pensa a causa del cambiamento climatico – sono diventate più intense).
L’altitudine media della nazione è di appena 12 metri e la sua capitale, Dhaka, si trova ad appena 4 m sopra il livello del mare. Gli scienziati hanno calcolato che se il livello del mare salisse di appena 1 m, il 50% del suo territorio sarebbe completamente allagato [2].

Dalle altre parti del mondo va un pochino meglio: nell’Atlantico del Nord, dalle parti di New York e Boston il rate è di 4 mm/anno [3]; il rate è maggiore nel Golfo del Messico (in cui si arriva anche ai 20-30 mm/anno); è invece notevole nella zona della Lousiana [4], che è anche soggetta ad una forte erosione costiera e ad una forza incidenza degli uragani (Katrina).
Non solo: la principale città dell’area – New Orleans – si trova sotto il livello del mare ed è protetta da un sistema di dighe (che in occasione di Katrina mostrò tutta la sua fragilità).

E da noi? Uno studio abbastanza recente [5] di ricercatori italiani e inglesi ha evidenziato come nel Mar Mediterraneo ci siano aree in cui il livello del mare cresce di più e aree in cui cresce di meno.
Per quanto riguarda le coste italiane abbiamo un rate di crescita di circa 5-10 mm/anno nel Mare Tirreno e nel Mar Ligure, tra i 2-3 mm/anno nel Mar Ionio, e dai 10 ai 25 mm/anno nel Mar Adriatico, con i maggior rate di crescita proprio nell’area della laguna di Venezia, dove sorge proprio il capoluogo veneto – che come bene sappiamo ha un rapporto di amore e di odio con l’acqua della Laguna.

Carteret, Kiribati, Cartí Sugtupu. Ora sapete anche voi dove sono questi luoghi. La sfida però ora si sposta: si deve fare qualcosa per evitare che i prossimi nomi dell’elenco si chiamino Venezia, New Orleans e Dhaka. Lo dobbiamo al nostro pianeta, lo dobbiamo ai nostri figli.

Alessandro Sabatino
@twitTagli

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Bibliografia

[1] Church, J. A., White, N. J. & Hunter, J. R. Sea-level rise at tropical Pacific and Indian Ocean islands. Glob. Planet. Change 53, 155–168 (2006).

[2] Ali, A., Vulnerability of Bangladesh to climate change and sea level rise through tropical cyclones and storm surges, Water, Air, & Soil Pollution 92, 171–179 (1996).

[3] Sallenger Jr, A. H., Doran, K. S., and Howd, P. A., Hotspot of accelerated sea-level rise on the Atlantic coast of North America, Nature Climate Change 2.12 (2012), 884-888.

[4]Penland, S., & Ramsey, K. E., Relative sea-level rise in Louisiana and the Gulf of Mexico: 1908-1988, Journal of Coastal Research, 323-342 (1990).

[5]Cazenave, A., Cabanes, C., Dominh, K., & Mangiarotti, S., Recent sea level change in the Mediterranean Sea revealed by Topex/Poseidon satellite altimetry, Geophysical research letters 28 (8), 1607-1610 (2001).

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