Appello disperato per un “nuovo ordine” nella fantascienza
Tutti in fondo sappiamo che esistono solo due tipi di storie: quelle che finiscono bene e quelle che finiscono male. Dunque non mi scandalizzo mai quando riconosco una certa ripetitività nelle sceneggiature: è naturale. Perché se si può raccontare proprio di tutto, dalla meccanica delle particelle, alla criniera degli unicorni, sono incredibilmente poche le cose di cui ci interessa davvero. E a quanto pare, queste cose (amore e morte, per chi se lo stesse chiedendo, e no, il calcio non fa categoria a parte) sono anche le stesse dall’alba della narrativa. Perciò prima di procedere oltre, ci tengo a precisare che la mia solidarietà va agli sceneggiatori di tutto il mondo, che fanno un lavoro maledettamente difficile.
Detto questo, mi chiedevo, ma non è che abbiamo un po’ esagerato con tutta questa circolarità in Star Wars? Da fan sfegatata non mi stancherei mai di sentirmi raccontare questa bellissima storia, ma quante volte ancora dovrò sopportare i lamenti di un maestro deluso per il suo fallimento, quante volte dovrò vedere un cattivo esitante, che però non esita mai a fare fuori il capo (si sa, la frustrazione sul posto di lavoro a volte è letale). E quante volte scoprirò che esiste un predestinato, giovane, forte e buono. Quante volte la Resistenza dovrà vincere, perdere e poi ancora vincere e… perdere? Mi tormenta l’idea che la risposta a tutte le domande sia, fino a quando avrai voglia di andare al cinema.
Per questo, ve lo confesso, quando Kylo Ren propone a Rey di fondare un nuovo ordine ho sperato che la sventurata rispondesse di sì. No, non sto cedendo al lato oscuro, è solo che per un attimo ho immaginato Rey senza quella ridicola tunichetta da presepe, mentre assume un altro story-teller e prova a mostrarci qualcosa di nuovo. E quando dico nuovo, ovviamente non mi riferisco agli uccellini dell’isola Jedi, deliziosi esemplari di un’inedita razza fantastica, del tutto inutili se non a essere venduti come peluche nello shop on line della Disney.
Ma siamo onesti, nonostante tutto, a me questo film è piaciuto. Perché pur raccontando sempre la stessa identica storia (ormai uno standard, quasi come Summer time), fa emergere alcuni aspetti di novità. Non sempre l’autore è il migliore interprete della sua opera, almeno secondo tutto un filone di critica letteraria. Che lo si voglia oppure no, le storie che raccontiamo parlano anche della nostra cultura, degli ideali e delle paure della comunità in cui viviamo. E questo Star Wars ci parla moltissimo della nostra società (vorrei dire, suo malgrado).
Ci parla di nostalgia. Nostalgia di tutta una generazione, verso un tempo andato, di successi e di progresso. Ci rappresenta come un popolo di incastrati che, quando ce l’ha, vorrebbe uccidere il padre e pur uccidendolo non riesce a scrollarsi di dosso il pesante fardello che rappresenta. Perché, diciamocelo, potrebbe essere davvero questa l’era del tramonto dell’Occidente. Ma allora come potremmo mai fare meglio dei nostri predecessori?
A questo proposito, ci parla di fallimento. Due volte. Ma qui si vede che siamo in ambito Disney. In entrambi i casi, il fallimento non viene descritto come qualcosa di necessariamente negativo: il fallimento dei maestri Jedi è qualcosa da cui gli allievi potranno imparare (ma solo all’interno della singola trilogia, perché lo sappiamo, dalla prossima saremo di nuovo da capo a dodici) e la sua accettazione ci permette di raggiungere la pace dell’anima. Dal lato dei cattivi, da un “errore di sistema” può nascere un eroe.
E parlando di eroi: le donne, tutte buone e intelligenti, anche quando non sembrerebbe. Star Wars ci vuole parlare anche della condizione femminile e allora riassumo. 1. le donne sono madri: accoglienti, comprensive, riflessive (e in questo sì, sono terribilmente noiose). 2. nonostante tutta la ricerca di equilibrio che si vede nel film, vi ricordo che mentre Kylo Ren non è niente meno che il nipote di Luke Skywalker, figlio degli eroi della resistenza ecc. ecc., con una formazione di tutto rispetto all’Eton College dei Jedi e senza un giorno di vero lavoro alle spalle (tanto che prima che passasse al lato oscuro i conservatori inglesi stavano valutando la sua candidatura come primo ministro), Rey viene da un posto trascurabile, figlia (almeno a questo punto della storia) di genitori trascurabili, ex addetta al riciclaggio di rifiuti. Non so come finirà questa storia, o almeno non conosco i dettagli, ma spero che ci sia spazio per una vera rivincita femminile.
Ma sotto sotto lo so che mi sbaglio. Tutta questa mania per la riproposizione di vecchi paradigmi cinematografici non ha nulla a che vedere con l’empasse culturale in cui siamo caduti. Al contrario, non è altro che il frutto del lavoro straordinario dell’agente di Harrison Ford, che la fa da padrone nei sequel recenti. E allora, attendo trepidante l’episodio due de Il Fuggitivo e perché no, anche un po’ di Indiana Jones. E Buon Anno Nuovo a tutti.
Filomena Fortunato