Per molti è il più forte calciatore italiano di sempre: non Baggio, non Totti, non Rivera, non Mazzola padre né Mazzola figlio.
Giuseppe “Peppin” Meazza però, di solito, non ce lo si ricorda, nemmeno quando si parla del “suo” stadio, spesso liquidato come “San Siro” e basta. È un peccato, perché oggi di lui si direbbe che “è un fenomeno“.
Meazza segnava a raffica: come nelle favole brasiliane, Meazza aveva imparato a giocare per strada, senza scarpini e con una palla di stracci, in una Milano che conosceva profondamente la miseria.
Lo scoprirono quasi per caso, i dirigenti dell’Ambrosiana Inter: aveva quattordici anni. Furono sufficienti due stagioni per insegnargli le poche malizie che non conosceva di suo; era poco più che diciassettenne quando lo gettarono nella malabolgia del Girone Unico. Terzini rudi, uomini adulti, scarpe chiodate – i tacchetti, all’epoca, erano semplici bulloni: Meazza all’esordio segna tre gol, zittendo chi pochi minuti prima si lamentava della presenza di “balilla” (ragazzini) nello spogliatoio. Con i nerazzurri vincerà due scudetti, ma vestirà anche la maglia del Milan e (per poco) quella della Juventus.
Meazza sfogherà il suo talento anche in Nazionale: Vittorio Pozzo gli consegnerà le chiavi dell’attacco sia a Italia ’34 che a Francia ’38. Peppino lo ricompenserà con due Coppe Rimet e 33 reti in azzurro (record imbattuto fino agli anni ’70 di Gigi Riva).
Quel calcio di cui esistono pochi, sgranati filmati era perfetto per alimentare leggende. Due su tutte: la prima, il sonoro 5-0 che la Nazionale Italiana rifilò a Budapest ai padroni di casa dell’Ungheria (come se oggi la Nazionale andasse a battere 5-0 a Madrid le Furie Rosse di Del Bosque). È l’11 maggio 1930, Meazza realizza al 17′, al 65′ e al 70′: la Nazionale italiana diventa, da quel giorno, una delle favorite d’obbligo per ogni competizione.
Ma è una sconfitta a consacrare quella Nazionale alla storia del calcio: il 14 novembre 1934 si gioca ad Highbury un’amichevole tra Inghilterra e Italia. All’epoca gli inglesi non partecipavano alla Coppa del Mondo per – loro dicevano – manifesta superiorità; si riservavano tuttavia di invitare la squadra campione del mondo in carica per un’amichevole, giusto per mettere in chiaro le gerarchie.
Quella volta, però, gli inglesi rischiarono grosso: andarono in vantaggio 3-0, in 11 contro 10 per l’infortunio di Luis Monti. Nella ripresa gli azzurri reagirono impetuosamente, con due reti di Meazza: gli inglesi, storditi, fecero catenaccio, e solo la traversa impedì a Meazza di segnare una tripletta. Al triplice fischio, tutto Highbury si alzò i piedi per applaudire gli italiani: Meazza e i suoi compagni erano diventati i Leoni di Highbury.