Fuga di cervelli: quanto ci costa e quali rimedi propongono i partiti

Della fuga dei cervelli mi ero già occupato qualche tempo fa. In realtà non era una vera e propria trattazione, piuttosto esponevo la mia condizione e davo una testimonianza.

EVIDENZA-Fuga-Cervelli-New1La fuga dei cervelli non è solo una sgradevole vicissitudine personale (lasciare la famiglia, la Patria, gli amici…), ma è anche una tragedia nazionale, perché – forse non lo sapete – ogni laureato che lascia la sua terra per l’estero è una perdita quantificabile economicamente per le tasche dello Stato. E non è di certo colpa di chi se ne va, ma di chi non dà un’opportunità a coloro che se ne vanno.

Nonostante questo, molte persone e soprattutto molti mezzi d’informazione sottovalutano o marginalizzano il problema; oppure semplicemente dicono che quelle persone sono dei choosy (come questo articolo recente de “Il Manifesto” del 2 gennaio 2013).

Cerchiamo di mettere ordine a questo fenomeno, dando un po’ di cifre: l’ISTAT nel 2011 ha stilato un rapporto su questi 10 anni di “fuga”, nella quale ha evidenziato che i laureati emigranti dal nostro paese sono triplicati dal 2001 al 2011; inoltre, sulla quota di persone che emigra all’estero dall’Italia, il personale laureato è passato dal 11.9% del 2002 al 27.6% del 2011.

Ogni anno circa 10.000 laureati (stime ISTAT del 2011) prendono la valigia e se ne vanno, alcuni per qualche anno, altri per sempre. Altro dato preoccupante è il cosiddetto “brain drain”, ovvero la differenza, il saldo, tra le persone che se ne vanno e quelle che ritornano: esso è in negativo di circa 5,000 unità.

E cosa si è fatto in questi anni per arginare il problema? Poco o nulla. Anzi, durante il “Governo Tecnico” Monti la situazione è peggiorata: tutti i concorsi nel settore pubblico sono stati chiusi fino al 2014, inclusi i concorsi per entrare nel CNR, nell’ENEA o in altri enti scientifici (alcuni di essi hanno rischiato di chiudere per sempre, come il Centro Oceanografico di Trieste); Corrado Passera (ex – per fortuna – Ministro dello Sviluppo Economico) è riuscito ad avere la faccia tosta di dire che è “un fenomeno positivo, se c’è una fuga è perché abbiamo ottime scuole” e che “Non mi piace parlare di fuga di cervelli, ma di opportunità per creare ponti con Paesi più avanti del nostro”; anche Monti ha aggiunto la sua chiosa: “I giovani dovranno abituarsi ad andare a studiare all’estero e a cambiare spesso luogo e tipo di lavoro e Paese”. Per non parlare di questa iniziativa dell’ex governo tecnico che ha usato 5.3 milioni di euro di soldi pubblici per mandare dei “Messaggeri” a dire come è bello andarsene dall’Italia, proponendo stage all’estero ai laureati di Fisica, Matematica, Ingegneria e altre materie scientifiche. Tradotto: il governo di Monti ha usato soldi pubblici per incentivare i giovani ad andare fuori dall’Italia, non pago di aver chiuso i concorsi negli enti scientifici. Missione compiuta, tanto faremo ripartire l’economia “con il petrolio e con il gas” (Agenda Monti): gli scienziati mica ci servono a noi.

Fuga-di-cervelliEppure, ogni laureato “costa” alle tasche pubbliche in media 124 mila euro per la sua formazione: moltiplicando questa cifra per il numero di laureati che se ne va si capisce che ogni anno l’Italia “regala” gentilmente agli altri Stati esteri  un miliardo di euro.

Questo regalo in risorse scientifiche (ah, tra parentesi: i laureati che se ne vanno sono quelli più produttivi, secondo un articolo di qualche tempo fa de “La Repubblica”; per tacere del valore dei brevetti lì registrati dagli italiani) è fatto ai seguenti Stati: nel Regno Unito (eccomi!) vanno l’11.9% dei laureati emigranti, seguono la Svizzera (11.8%), la Germania con l’11% e la Francia (9.5%); per i più choosy ci sono anche USA e Cina.

Ma cosa dicono (e soprattutto cosa propongono) i partiti su questo fenomeno?

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Vi stupirà leggere, da questi dati, che i più sensibili a questo tema sono i partiti di estrema destra.

Alessandro Sabatino

@twitTagli

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