
Nelle ultime settimane il movimento animalista/vegano sembra trovarsi sulla cresta dell’onda mediatica: si va da Giuseppe Cruciani, che a seguito di qualche provocazione radiofonica è stato aggredito da un gruppo di animalisti, allo chef vegano-crudista Simone Salvini che ha il suo spazio su Sky, alla sua esilarante imitazione by Maurizio Crozza, lo chef “Germidi Soia”.
Se qualche anno fa molti italiani potevano non avere ancora chiara la differenza tra vegetariani e vegani, per esempio, oggi queste realtà sono diventate quasi un fenomeno di costume.
Sia chiaro: non c’è nulla di male nel decidere di seguire un particolare tipo di dieta, che sia per motivi etici o per rimanere in forma. Non avendo nozioni di nutrizionismo, tra l’altro, non voglio nemmeno pormi problemi sul fatto che non mangiare carne, o non assumere del tutto proteine animali, possa non essere ideale per una dieta bilanciata.
Tuttavia, immaginiamo per un istante la seguente situazione: una persona che conosciamo, con qualche chilo di troppo magari, decide di mettersi a dieta per dimagrire. Inizia a togliere i carboidrati, i dolci, gli alcolici, e si rimette in forma. A questo punto, non ancora soddisfatta di sé stessa, decide di togliere anche le uova, la carne rossa, il formaggio, il latte… e dimagrisce a vista d’occhio.
Quando arriva a pesare meno di quaranta chili rinuncia anche alla frutta e alla verdura, perché contengono troppi zuccheri, e comincia ad assomigliare ad uno scheletro: vi viene il sospetto che non mangi più del tutto.
È evidente che questa persona non sta più facendo una dieta, ma sta manifestando i sintomi di un disturbo alimentare. Non si tratta più di una scelta, bensì di una malattia, per la quale è probabilmente opportuno cercare il supporto di uno psicoterapeuta.
Nell’universo “veg” ci sono moltissime diete equilibrate e sane, ma vi sono anche delle diete molto estreme.
Ad esempio la dieta “fruttariana”, che estende il concetto vegano di non-violenza verso gli animali anche a tutte le altre forme di vita: i fruttariani si nutrono solo di ciò che naturalmente si stacca dalle piante, quindi i frutti (inclusi pomodori, melanzane, peperoni) e considerano tossico qualunque altro alimento, incluso il glutine.
La dieta crudista invece prevede di non cuocere il cibo, sostenendo che la cottura ne altera le naturali proprietà benefiche.
Addirittura esistono i “melariani”, che come suggerisce il nome si nutrono esclusivamente di mele (chi una, chi sei al giorno), sostenendo la tossicità degli acidi contenuti in altri frutti, come gli agrumi o il kiwi.
Quanto distano, da un punto di vista clinico-psichiatrico, queste diete estreme da disturbi alimentari veri e propri? Per rispondere a questa domanda cerchiamo di capire cosa definisce un disturbo alimentare.
Innanzitutto, l’attitudine ossessivo-compulsiva ad assumere o a non assumere del cibo (può applicarsi al cibo in generale o ad alimenti specifici).
In secondo luogo, il comportamento si definisce disturbo se intacca la salute fisica dell’individuo e/o ne mina le capacità psico-sociali.
In terzo luogo, il disturbo è causa di (e non causato da, questo è importante) altri comportamenti nevrotici o psicotici, quali paranoia, schizofrenia o simili.
La prima caratteristica dei vegani è che sono intransigenti verso sé stessi. Anche quando non lo sono verso gli altri – vedi l’ormai celebre attivista animalista/vegano intervistato dalle Iene assieme a Cruciani, che dichiarava che quando può sputa nel cibo degli altri, se carnivori – i vegani non si concedono eccezioni.
Se il ristorante non ha un menù adeguato a loro, non vengono.
Se la mensa al lavoro ha finito il piatto senza prodotti animali, piuttosto non mangiano.
Questo a maggior ragione si applica a coloro che seguono diete ancora più estreme: non c’è niente che possa giustificare non dico la carne, ma nemmeno il latte per macchiare il caffé.
Una seconda caratteristica di chi segue questo tipo di diete, è l’ossessione per il cibo. Più la dieta si fa estrema, più cresce il bisogno di parlarne, di condividere il menù di Natale su Facebook, di iscriversi a forum e a rubriche youtube con le ricette della tipologia desiderata.
Chi pensa che il cibo veg voglia dire semplicemente verdura e frutta – cotta o cruda – commette un grosso errore di superficialità. Quanto più la dieta è restrittiva, tanto più i piatti si fanno complicati: mentre tra gli onnivori c’è a chi piace cucinare e chi è più pigro e si accontenta di piatti semplici; al contrario fruttariani, crudisti etc. sono tutti incredibilmente fantasiosi nel creare piatti complessi (e buoni, che ci crediate o meno).
La dieta per queste persone rappresenta una componente importantissima della loro vita personale.
Come si ripercuote la scelta di una dieta di questo genere sul piano sociale? Beh, dopo aver visto gli animalisti all’assalto di Cruciani e l’attivista intervistata al La Gabbia che sosteneva che i carnivori andrebbero rinchiusi nei campi di concentramento, è facile immaginarsi queste persone come pazzi fanatici, quasi terroristi.
In realtà per la maggior parte non è così, ma la dieta tende comunque ad intaccare la vita sociale di queste persone.
Proprio come le anoressiche formano dei circoli in cui si fanno forza tra di loro, riempiendosi di complimenti a vicenda per la loro magrezza eccessiva, i seguaci di queste diete tendono a costruire comunità chiuse: si allontanano dai loro amici onnivori e fanno comunità con altri che seguono la loro stessa dieta. Frequentano gruppi di facebook dove si sostengono a vicenda, aiutandosi ad integrare l’aspetto dell’ossessione per il cibo in tutto ciò che fanno: pensate che esiste addirittura la versione “vegan” della favola di Cappuccetto Rosso, dove il lupo è buono (e vegano!) e il cattivo è il cacciatore.
Negli ultimi anni abbiamo avuto diversi esempi di come all’interno di queste comunità l’estremismo si coltivi fino a portare ad atti vandalici. C’è stato il caso del ristorante vegano che ha iniziato a proporre un menù di pesce ed è stato vandalizzato, c’è stato l’assalto del commando vegano alla sagra dell’arrosticino, abbiamo avuto le minacce sui social a Caterina Simonsen, e l’assalto al dipartimento di farmacologia dell’Università di Milano.
Tutti questi atti violenti (fisicamente o verbalmente) sono in realtà solo un sintomo del disprezzo che queste persone provano nei confronti degli onnivori, un disprezzo che a livello quotidiano si manifesta col progressivo allontanamento di queste persone da chiunque non segua la loro dieta: può avvenire in forma conscia, con un distacco repentino, o in forma inconscia, tramite una graduale perdita di contatti a favore invece di quelle persone che vengono percepite come “simili” e quindi amiche.
L’ultima importante caratteristica di chi segue questo tipo di diete è che spesso arriva ad una totale negazione della realtà. Anche qui la fenomenologia è diversificata: capita spesso che di fronte a dati medici oggettivi che insistono sull’importanza di una dieta bilanciata (che può anche essere vegana, ma sicuramente non fruttariana o melariana), chi aderisce a queste diete arrivi a mettere in dubbio la stessa medicina, sempre che la preferenza per il “naturale” non abbia già avvicinato queste persone a pratiche non scientifiche quali omeopatia o agopuntura.
Da lì ad aderire alle più strampalate teorie del complotto (antivaccinismo, l’AIDS che non esiste, il cancro che si cura col bicarbonato etc.) il passo è breve.
Spesso questo rifiuto della realtà si applica anche alla vita privata e alla salute: esistono screenshot di gruppi facebook dove persone che si nutrono con una sola mela al giorno (!) attribuiscono a emozioni negative il loro stato di debolezza, entusiasticamente sostenute da altre che promettono di inviare “energia positiva” per una pronta ripresa.
Qui possiamo vedere in azione un’altra caratteristica tipica dei disturbi alimentari: il rifiuto della sensazione di fame, vista come un male.
Un simile comportamento naturalmente assume connotati molto più preoccupanti quando si ripercuote anche su altri: pensiamo alla coppia di Pisa il cui figlio era stato ricoverato per malnutrizione a causa del loro fanatismo nel seguire la dieta vegana, o a quelle persone che nutrono con alimenti vegetali anche il loro cane o gatto, non accettando il fatto che, al contrario degli esseri umani, cani e gatti non possono fisiologicamente fare a meno della carne.
Nell’immagine che segue una madre col figlio malato rifiuta categoricamente di dargli un antibiotico tradizionale, nonostante le fosse stato prescritto dal suo omeopata dopo che i rimedi omeopatici non avevano sortito alcun effetto (trattandosi di acqua e zucchero, chissà come mai).
Dal punto di vista clinico, l’interpretazione distorta della realtà per adeguarla alla propria ossessione, ha un nome: paranoia. Gli elementi per una diagnosi a questo punto ci sono tutti: comportamento ossessivo compulsivo legato al cibo, compromissione dell’equilibrio psico-sociale, nevrosi paranoica. Il Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders, il manuale di diagnostica psichiatrica dell’American Psichiatric Association, accettato anche dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, chiama questo disturbo ARFID (Avoidant/Restrictive Food Intake Disorder – Disturbo restrittivo/evitante dell’ingestione di cibo), e pur non includendo esplicitamente in esso alcuna delle diete menzionate, non si può non riconoscere i medesimi sintomi nella descrizione di questo disordine psicologico.
In altri manuali di psichiatria si parla invece di Ortoressia Nervosa, ovvero un desiderio ossessivo-compulsivo di nutrirsi solo di cibi ritenuti sani o “giusti”, che porta a carenze nutritive e/o a pesanti ripercussioni psicosociali.
Si tratta dunque di una malattia simile in tutto e per tutto all’anoressia o alla bulimia, con la differenza che l’ossessione non ha a che vedere con la quantità di cibo, ma piuttosto con la sua qualità o natura. Se tuttavia questo disturbo alimentare presenta meno pericoli rispetto all’anoressia – in quanto ad eccezione di pochi casi estremi, come i melariani, queste diete possono provocare qualche carenza nutrizionale, ma difficilmente la morte – è praticamente impossibile diagnosticarlo, e quindi curarlo.
Questo perché, nonostante gli “scontri” tra i vegani integralisti e il resto del mondo, anche le diete più estreme sono ancora considerate socialmente accettabili, persino quando somministrate forzatamente a dei bambini.
Tempo fa su questo sito pubblicammo un articolo riguardante i blog pro-anoressia, dove le ragazze si incitano al dimagrimento patologico, dandosi consigli per non sentire la fame.
Chiunque legga uno di questi blog (che potete cercare, ma che non mi sento di linkare), se non soffre del medesimo disturbo, è portato ad inorridire.
Chi invece legge le pagine Facebook dei fruttariani, melariani, crudisti, igienisti o simili, è portato ad ignorarli, a disprezzarli o a deriderli.
Forse invece bisognerebbe aiutarli.
Luca Romano (ha collaborato Daniele Verra, dottore in psicologia).
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