Ieri abbiamo visto cosa dicono i sondaggi sulle imminenti elezioni politiche, comparando i dati dei principali studi di sondaggi, ottenendo quella che abbiamo definito la “media tagli”.
Da oggi invece vogliamo concentrarci sulle “regioni chiave”, ovvero quelle regioni in cui si decideranno le sorti della maggioranza al Senato.
Come forse saprete, infatti, il “porcellum” assegna in maniera diversa il premio di maggioranza nei due rami del Parlamento.
Se per la Camera dei Deputati è sufficiente essere la coalizione maggioritaria a livello nazionale per avere il 51% dei seggi al Parlamento, per il Senato il premio di maggioranza è su base regionale. E’ dunque possibile, e anzi è successo all’Unione nel 2006, avere due maggioranze diverse alla Camera e al Senato.
E quattro sono le regioni in cui la coalizione capeggiata da Bersani, che alla Camera è saldamente in testa secondo tutti i sondaggi, potrebbe avere problemi al Senato: Sicilia, Lombardia, Veneto e Campania. Oggi faremo un’analisi sulla prima di queste quattro.
Guardiamo innanzitutto quali sono stati i risultati elettorali siciliani nel recente passato:
Come possiamo vedere negli ultimi anni, anche quando il centrosinistra vinse le elezioni nel 2006, non riuscì a scalfire la maggioranza del centrodestra, che, due anni dopo, grazie anche all’apporto dell’Mpa tornò a percentuali quasi bulgare (56 a 31), ma non più a livello delle altre elezioni.
Nel 2006 ci fu anche lo sfondamento della Lega Nord, che in quelle elezioni in Sicilia riuscì ad ottenere il 4%. Un fatto incredibile se si pensa che siamo in Sicilia. Anche alle europee 2009 il Pdl se sommiamo i voti di Mpa e La Destra arriva al 52%, contro un 30% dello schieramento opposto (a quel tempo Bersani e Di Pietro erano ancora “amici”). La ragione di ciò è da cercarsi in una grandissima fetta di elettorato che vota UDC, che ha percentuali molto alte in Sicilia rispetto che in altre regioni italiane.
Una tradizione, quella dello scudo crociato, che ha radici molto più antiche e profonde: la DC infatti in Sicilia non ha mai perso la maggioranza, neanche nelle storiche elezioni europee del 1984, dove il distacco tra DC e PCI era di 4-5 punti percentuali. In Sicilia l’UDC continua questa tradizione, ottenendo ogni elezione delle percentuali intorno al 10% (nel 1994, sommando CCD e CDU la percentuale era quasi del 20%). Si stanno anche affermando nella regione dei movimenti autonomisti (Mpa, Grande Sud), collegati al centrodestra, che stanno ottenendo percentuali abbastanza alte (ma non siamo ai livelli della Lega in Veneto): nelle regionali del 2012, ovvero l’ultima volta che i siciliani sono stati chiamati alle urne l’Mpa ha ottenuto il 9,5% e Grande Sud il 6%. L’Mpa, il movimento fondato dall’ex presidente della Regione Sicilia Lombardo, ha avuto buon risultati anche nelle politiche (7% nelle ultime politiche del 2008).
Un altro dato inoltre è molto importante evidenziare. Al Senato il PD ha preso nel 2008 la stessa identica percentuale presa da Margherita e DS insieme nel 2006. Sembrerebbe dunque che vittoria o no, unione o no, gli elettori del PD siano rimasti sostanzialmente gli stessi.
Certo alle ultime regionali i risultati poi sono cambiati sostanzialmente, ma sappiamo quanto sia difficile trasferire i risultati locali in competizioni nazionali. A questo si deve aggiungere che al momento delle elezioni regionali in Sicilia il clima nel Paese era diverso, Monti non era ancora “salito in campo” e Berlusconi sembrava volerne uscire. È legittimo dunque pensare che il risultato delle Regionali vada preso con le pinze.
Andiamo ora a vedere cosa dicono i sondaggi limitatamente alla Sicilia:
Ci interessa molto, qui, analizzare il dato del sondaggio Ipsos sul Senato. Diciamo che questi dati non possono che preoccupare la coalizione guidata da Pierluigi Bersani. Notiamo immediatamente infatti che secondo l’istituto di Pagnoncelli in Sicilia la coalizione del centro-sinistra sarebbe sconfitta dal centro-destra al Senato.
Altri tre dati possono essere interessanti:
1) che i voti della “coalizione arancione” composta dalla lista di Ingroia “Rivoluzione Civile”, Italia dei Valori e Federazione di Sinistra, potrebbero fare la differenza per battere il centro-destra. Infatti raccolgono oltre il 10% dei voti;
2) che su base proporzionale il MoVimento a 5 Stelle è il primo partito in Sicilia;
3) che non vi è alcun valore aggiunto di Monti. Infatti, ricordando che al Senato i partiti che appoggiano la “salita in campo” del Presidente del Consiglio uscente si presentano tutti uniti, notiamo che tale lista prende sostanzialmente i voti di FLI e UDC e pochissimo in più.
Insomma, se al Senato vuole vincere anche in Sicilia, il centro-sinistra dovrà “inventarsi” qualcosa.
Domenico Cerabona e Alessandro Sabatino