La lingua italiana pullula di avverbi[citazione necessaria, direbbe Wikipedia, ma non importa], molti dei quali sono in apparenza innocui, ma il cui uso scorretto, in determinate circostanze, può portare a esiti inimmaginabili, come nel caso dell’avverbio «letteralmente».
Come precisato dalla definizione Treccani, riportata qui sopra, la parola «letteralmente» sostituisce la frase «cioè, zio, guarda che non sto per usare una parola in senso metaforico, poi non dirmi che non ti avevo avvisato», oggettivamente poco pratica.
Quindi, la frase «Giangiacomo è stato letteralmente allontanato dalla classe a calci nel sedere» implica che il povero Giangiacomo non è stato semplicemente invitato a lasciare la classe in malo modo, ma che si è proprio preso delle sonore pedate sul deretano. (Dalla maestra? Dal bidello? Dai compagni? Non ci è dato sapere. Siamo con te, Giangiacomo).
Tuttavia, sempre più spesso – fateci caso – l’avverbio «letteralmente» viene usato come sinonimo di «davvero», «completamente», insomma, per rafforzare il concetto espresso, come se fosse un’iperbole. Nel linguaggio parlato, in una conversazione tra amici, ci può stare. Ma chi con le parole ci lavora forse dovrebbe prestare un pizzico d’attenzione in più.
Qualche giorno fa, mentre seguivo senza troppa convinzione una rassegna stampa alla tv, mi è capitato di sentire qualcosa come «il Paese è letteralmente in ginocchio». Il che è buffo, perché sì, il nostro fantasmagorico pianeta è assai variegato, ma non mi pare di aver mai sentito parlare di una nazione, una regione o un’isola, per quanto esotiche possano essere (penso a Vanuatu, a Kiribati o al Molise), dotata di ginocchia.
E la carta stampata? Almeno i quotidiani sono immuni a questa curiosa tendenza? La risposta, ovviamente, è no. Basta andare sulla homepage di un qualsiasi quotidiano e affidarsi all’iconcina con la lente di ingrandimento, simbolo universalmente riconosciuto della funzione “cerca”.
Sono partito dal Corriere della Sera, istituzione del giornalismo nostrano, con la ferma convinzione di non trovare alcun tipo di ambiguità. E infatti, spulciando i risultati più recenti, ho trovato solo un passaggio strano. Ma lo svarione non è del giornalista, bensì del personaggio di cui il giornalista riporta le dichiarazioni, ovvero il ministro Angelino Alfano:
E quindi niente, nel boschetto della mia fantasia si sono materializzati questi trecento e passa voti che si rimboccano le maniche, prendono una vanga ciascuno e iniziano a spalare terra. Prendono la mozione (per comodità, un comunissimo foglio di carta A4 con sopra scritto MOZIONE), la calano nella fossa, rimettono al loro posto la terra e tornano alle loro faccende fischiettando un gaio motivetto.
Il sito di Repubblica pare invece più propenso all’uso creativo dell’avverbio di giornata. In coda a un articolo di cronaca si legge:
Tragedia sfiorata a Prà dove una frana ha letteralmente inghiottito un’abitazione.
Il che implica che la frana abbia una bocca (enorme), una faringe (e un’epiglottide che chiuda l’accesso alla trachea, perché non vogliamo certo che la frana – quell’ingorda – si ingozzi e muoia soffocata lì sul posto) e magari un esofago e uno stomaco.
La scena è questa: la frana, che il mio cervello sintetizza nella forma di un Muk, prende una casetta tra indice e pollice, spalanca la bocca e con un sonoro glub! la fa sparire, senza nemmeno masticarla (come illustrato nell’immagine a lato, dove compare uno splendido esemplare di Muk selvatico).
Sempre su Repubblica.it, questa volta in un pezzo dedicato alle recenti alluvioni che hanno colpito il Gargano, un giornalista scrive:
Facciamo due calcoli. Il Gargano si estende per 70 km da est a ovest, e la sua area è di 2000 km2 circa. Anche ipotizzando che da un giorno all’altro il Gargano si trasformi in un gigantesco cumulo di una sostanza polverulenta ideale per la setacciatura, diciamo la sabbia, servirebbe un setaccio in grado di circoscrivere il promontorio nella sua forma originale, che per comodità accosteremo a quella di un rettangolo.
Servirebbe quindi un setaccio dal diametro pari alla diagonale del Gargarettangolo, ovvero intorno ai 75,6 km. Il setaccio avrebbe quindi una circonferenza di circa 237 km, e se consideriamo ancora validi i dati del 2012 – per i quali l’Esercito Italiano era composto da 105.062 unità – mettendo un militare ogni 2,26 metri lungo la circonferenza (e ignorando problemi piuttosto complicati quali la fabbricazione e il trasporto di un simile setaccio, il fatto che gran parte delle 105.062 unità dell’Esercito si troverebbe in mare, o la morte dell’intera popolazione del promontorio in seguito alla trasformazione in sabbia del promontorio stesso) in effetti riusciremmo a setacciare il Gargano come si deve.
Anche i quotidiani più schierati danno discrete soddisfazioni. In un’intervista a Richard Gere riportata da L’Unità si legge:
Che i monaci abbiano appreso l’arte dello scintillio leggendo la saga di Twilight? Mistero. Molto più a destra, su Il Giornale, un articolo sull’uso delle droghe leggere negli Usa si apre così:
Orde di mamme nel panico: «aiuto, mi si è svampato l’adolescente!». E sì che scrivendo «i soldi di un’intera generazione potrebbero andare letteralmente in fumo», l’avverbio ci sarebbe stato da dio.
Di esempi come questi se ne trovano a decine, ma chiuderei con una testata che da anni è sinonimo di qualità e sobrietà: La Padania. In un articolo sul premier Renzi, un intrepido giornalista esordisce con queste parole:
Scaricato da Corriere e Repubblica, strigliato dalla Cei e letteralmente fatto a pezzi dall’ex amico e sostenitore Diego Della Valle.
(sotto, approfittando di un momento di ilarità, Della Valle medita la maciullazione di Renzi)
Francesco Panzeri
@franciswolves