Pubblichiamo un contributo di Lorenzo Cane, da tre anni residente in Spagna. Buona Lettura
Da tre anni vivo a Madrid, la cittá che non dorme mai. O almeno, cosí era conosciuta.
Gli spagnoli, ancor piú a Madrid, sono abituati a passare molto tempo fuori casa, a tirar tardi. Non a caso, anche in Italia usiamo la parola movida. Infatti se l’italiano è usato internazionalmente per termini musicali e architettonici, lo spagnolo si usa per la fiesta…
Non si tratta di uno stereotipo, è un modo di concepire la vita, aiutato anche dal fuso orario disallineato, e dal calore estivo. A Madrid c’è sempre gente che rincasa a qualsiasi ora, tutti i giorni della settimana. Il Covid19 ha cambiato tutto repentinamente.
A febbraio abbiamo iniziato a seguire preoccupati le notizie che arrivavano dall’Italia, a maggior ragione io, con parenti e amici residenti a Torino. Tra chi pensava che il virus non sarebbe arrivato in Spagna, e chi giá stava anticipando i tempi, ci siamo trovati a marzo con un’escalation di casi, epicentro Madrid e La Rioja, seguite da Barcellona.
Il Governo ha dichiarato l’Estado de Alarma il 14 marzo. Sono state ridotte le libertá di spostamento, se non per motivi prededeterminati, tra cui attivitá produttive, servizi essenziali, fare la spesa (obbligatoriamente nei pressi di casa), con molti controlli di polizia e militari sin dal primo giorno. Non sono previste molte eccezioni, neanche per fare esercizio fisico in solitaria.
L’applicazione dell’Estado de Alarma ha inizialmente unito gli schieramenti politici, in equilibrio precario dopo due elezioni generali svoltesi nel 2019, che non hanno sancito un grande vincitore, dopo la grande incertezza generata dalla dichiarazione di indipendenza della Cataluña.
Durante la gestione dell’emergenza, peró, alcuni problemi sono venuti a galla: dall’ineguatezza di una rete ospedaliera in grado di contenere l’emergenza, alla mancanza di dotazioni di protezione per il personale sanitario; dalla gestione delle case di cura, fino alla mancata concertazione delle misure applicate.
Le attivitá produttive non essenziali sono state bloccate dal 30 marzo al 9 aprile, e l’ultimo Estado de Alarma è stato approvato da una maggioranza diversa rispetto a quella che ha eletto l’attuale Governo in carica.
L’impostazione del Governo è stata quella di avere il Primo Ministro, Pedro Sanchez, come responsabile in prima persona nei confronti dell’opinione pubblica, anche se la comunicazione di dettaglio delle misure prese è stata affidata ai Ministri di Salute, Interno, Trasporti ed Educazione, a seconda degli interventi decisi. I dati e l’avanzamento dell’epidemia sono sempre stati lasciati in mano a Fernando Simon, responsabile del Centro di Coordinazione Emergenze Sanitarie, anche lui giá colpito e guarito dal virus.
I media hanno sempre dato spazio solo a fonti attendibili, senza alimentare allarmismi e false speranze. In questo riconosco un senso della responsabilitá che mi ha stupito fin dai primi mesi che mi sono trasferito a Madrid. Mi aspettavo un popolo piú latino, invece sono sempre stato impressionato dal senso civico degli spagnoli. Senso civico che, per esempio, li porta a mettersi in coda in ordine di arrivo alla fermata del bus. Senso civico che ha risposto alla grande in questa emergenza: l’impressione, confermata da Governo e stampa, è che la stragrande maggioranza dei cittadini abbia rispettato le regole.
Attualmente siamo ancora in Estado de Alarma, anche se a partire dal 2 maggio è possibile uscire per passeggiate (nel raggio di un chilometro dalla residenza), e per attività fisica. Sono state stabilite fasce orarie per etá, per regolare il flusso. Di settimana in settimana si valuta se allentare le restrizoni, in base a parametrici medici forniti dalle Comunitá, e validati dal Ministero di Salute.
È un grande test per la Spagna, un cambio radicale dal giorno alla notte delle abitudini di un popolo. La risposta è stata forte. Si ha tutti voglia di tornare a goderci le terrazas, le tapas, le cañas, ma è chiaro a tutti, grazie alla comunicazione chiara e semplice di autoritá e media, che questo non sará possibile fino a quando i tecnici non daranno il via libera alle autoritá.
Si sarebbe potuto chiudere prima, si sarebbe potuto concertare le misure in Parlamento, si sarebbe potuto organizzare meglio la gestione delle dotazioni di protezione presenti nel Paese e quelle comprate dall’estero. Credo peró che nessun possibile governo in Spagna sarebbe stato in grado di rispondere alla perfezione all’emergenza. Come si dice in Spagna: Fácil es criticar y difícil obrar.
Lorenzo Cane