Cosa succede in Turchia?

Turchia

Cerchiamo di capire meglio cosa sta accadendo in Turchia. È difficile infatti immaginarsi le ragioni per un evento così rabbioso di rivolta in un Paese che, a differenza di quelli che diedero vita alla famosa “primavera araba” o a quelli europei che proprio in questi giorni stanno manifestando contro l’austerità, sta vivendo una fortissima espansione economica e una crescente influenza internazionale.

Partiamo dalla cronaca: in Turchia gli scontri sono cominciati nella capitale culturale, Istanbul, e più precisamente nel quartiere Taksim. Le ragioni della protesta sono apparentemente “banali”: si è deciso di destinare una zona di verde pubblico ad un altro uso, si vuole costruire al suo posto un grande centro commerciale.

Un chiaro segnale di quella espansione economica di cui parlavo poco prima: l’economia turca è da anni in costante crescita, mosca bianca dell’area mediterranea e il suo governo sta assecondando questa sua espansione in tutti i modi, qualcuno dice persino troppo (insomma i fan dello sviluppo sostenibile ci sono dappertutto…)

È ovvio, però, che la trasformazione del parco di Taksim non è altro che il classico “casus belli” strumentale, i problemi sono ben altri, ben più profondi
Perdonatemi ma tocca fare un po’ di storia. La Turchia è una repubblica da meno di cento anni, e deve tutto o quasi a un grande personaggio: Mustafa Kemal Ataturk, un illuminato governante che negli anni ’20 depose il sultano e abolì il califfato, ponendo le basi per una repubblica laica e – forse si può dire – addirittura anti-islamica. Basti pensare che si vietò l’uso del velo per le donne nei luoghi pubblici…

Negli anni però, anche per ragioni geopolitiche e non senza qualche responsabilità europea, la Turchia ha abbandonato la strada del “laicismo” per avvicinarsi sempre di più alle sue radici musulmane (per esempio nel 2000 è stata abolita la legge sul velo di cui parlavo prima) tanto che dal 2002 è al potere un Presidente dichiaratamente musulmano e manifestamente favorevole ad una “musulmanizzazione” della società turca. Proprio in questi mesi infatti è in corso una procedura di revisione della Costituzione e molti temono che ci si dirigerà verso un abbandono del concetto di repubblica secolare così come era stata concepita da Ataturk.

È in questo clima generale che si spiega la violenza della protesta che si è scatenata ormai in molte città della Turchia. Le ragioni iniziali (e chiaramente circoscritte agli abitanti di Taksim) sono state immediatamente accantonate per essere sostituite dalla vera ragione della rabbia di molti turchi. Non è un caso che i gesti di protesta siano fortemente simbolici: molti manifestanti infatti scendono in piazza con bandiere riportanti l’effige di Ataturk e con delle bottiglie di birra in mano – come credo saprete le regole islamiche vietano di bere alcolici. Questi sono chiari segnali di protesta rispetto alla musulmanizzazione della società e soprattutto sono atti di ribellione nei confronti del Presidente Erdogan, accusato di essere autoritario nella sua volontà di trasformare la Turchia in uno stato islamico. I timori dei protestanti non possono essere certo considerati del tutto infondati visto che Erdogan è stato persino in carcere per essere stato giudicato colpevole di incitamento all’odio religioso.

Il Presidente turco Recep Tayyip Erdoğan con la moglie Emine.


È la prima volta che Erdogan – Presidente dal 2002 – deve affrontare una protesta così feroce e la risposta non è stata certo tenera, Amnesty International riferisce già di due morti tra i manifestanti e il Presidente stesso ha dichiarato eccessiva la reazione della polizia.

Insomma le ragioni di questa protesta sono molto profonde e radicate nella società turca, anche se forse è eccessivo parlare di “primavera turca”. A differenza di paesi come Egitto, Tunisia o Algeria, la Turchia è infatti una repubblica piuttosto solida e lo stesso Erdogan, per quanto gli vengano attribuite da più fonti tendenze autoritarie, è stato eletto in maniera democratica più di una volta, quindi bisogna stare attenti prima di dare giudizi troppo affrettati.

Noi cercheremo di dare il nostro contributo continuando a tenerci informati in maniera più chiara possibile cercando di fornire una chiave di lettura quanto più possibile obiettiva.

Domenico Cerabona
@DomeCerabona

Post Correlati