Cosa avrebbe dovuto dire Barilla per non scatenare proteste

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La forma è sostanza, ripetono tutti. Hanno ragione.
Guido Barilla da una trentina di ore è nel tritacarne mediatico che si è cercato, prima partecipando a La Zanzara (trasmissione radiofonica condotta da due fetenti fuoriclasse, bravissimi a “tenere su” una diretta radio, a manipolare i propri ospiti, a creare pandemoni giocando abilmente su perbenismo, luoghi comuni e politicamente corretto); e poi concedendosi questa sciagurata frase:

Mai uno spot con famiglie gay, se a qualcuno non va, mangi un’altra pasta”.

Il putiferio che si è sviluppato è a mio modesto parere esagerato; ciò non toglie che Barilla abbia sfondato a folle velocità il muro dell’idiozia. Perché la forma è sostanza.
L’errore di Barilla sta nel modo, sbrigativo e seccato, con cui ha liquidato la faccenda. Un grande imprenditore deve saper parlare. Guardate come viene meglio se detta così:

“No, non penso che utilizzeremo una famiglia gay nei nostri spot. Mai. Il nostro target è composto da persone che da noi si aspettano una determinata immagine. Noi siete voi i primi a parlare di ‘Famiglia del Mulino Bianco’? Utilizzare una famiglia gay potrebbe scombussolare l’immaginario di una parte della nostra clientela. Non è un mio compito formare la morale dei miei clienti, il mio compito è vendere pasta. Se per vendere devo evitare di scandalizzare una parte della clientela, datemi un motivo per fare il contrario. E se qualcuno prenderà male questa mia chiusura mentale, mi dispiace ma son fatti suoi”.

Il concetto espresso è assolutamente identico: mai gay nelle mie pubblicità; se offendo qualcuno me ne frego. Ma con un paio di insaponature retoriche il concetto espresso passa dall’essere urticante ad essere – addirittura! – sommessamente condivisibile.
È la tracotanza ad aver stonato: Barilla (e come lui Marchionne, Della Valle, Riva…) ha usato nelle relazioni col pubblico lo stesso registro che verosimilmente utilizza nelle relazioni coi dipendenti, “Si fa così perché lo dico io, e se non ti sta bene vai altrove”
Quando si ritiene la classe imprenditoriale italiana arretrata di 50 anni, ci si riferisce esattamente ad inezie del genere.

Umberto Mangiardi
@UMangiardi

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