La proliferazione delle commissioni di competenti, e dei consulenti al loro interno, per gestire l’epidemia dimostra la caduta di due illusioni: 1) che l’essere competenti metta al riparo dall’essere anche imbecilli e 2) che esista la figura del “competente definitivo”, quello che sa sicuramente tutto di ciò che dovrebbe sapere.
Si veda il caso di Ricciardi, rappresentante italiano all’Oms e poi consulente del governo, che a fine febbraio invitava a ridimensionare l’allarme dicendo che il 95% dei casi di coronavirus guarisce (presupponendo una letalità elevatissima del 5%), salvo poi correggersi e stimare la letalità al ribasso, al 3%, che è comunque la stessa dell’epidemia di influenza peggiore del Novecento, cioè la spagnola, che fece 600mila morti in Italia. Perché essere tranquilli, dunque?
O si pensi alla raccomandazione dell’Oms a non indossare mascherine se non si è malati, suggerimento – si è scoperto poi – di natura non medica, bensì politica (o di ordine pubblico), visto che agli alti livelli si era consci che la scorta globale di mascherine era insufficiente non solo per la popolazione, ma persino per il personale sanitario.
Eppure già cento anni fa, durante l’epidemia di spagnola, tutti si domandavano se le mascherine servissero o no. Già allora si sapeva che malattie del genere si propagano tramite le ormai famose “goccioline”, e uno studio su Lancet del 1919 sosteneva quello che ancora si ripete oggi, ovvero che indossare le mascherine non impedisce il contagio, ma aiuta comunque ad attenuare la carica virale assorbita. Nel dubbio, Paesi come il Giappone imposero l’obbligo di mascherine a tutti i cittadini, riuscendo, insieme ad altre misure di contenimento, a ridurre notevolmente il tasso di letalità.
O prendiamo in considerazione lo scontro fra il professor Crisanti, delineatore della strategia del Veneto, e l’Oms stessa, che ha ignorato per un mese il suo studio a Vo’ Euganeo sugli asintomatici perché non era stato ancora pubblicato su una rivista scientifica. Un’ottusità che ha provocato un ritardo di un mese a livello mondiale nella lotta alla malattia.
Di quali competenti fidarsi insomma? La prudenza forse suggerisce di reclutarne il più possibile: statisticamente qualcuno buono ci sarà lì in mezzo.
Jacopo Di Miceli