Digitando le parole “consumo di suolo” all’interno di un motore di ricerca vengono restituiti milioni di risultati. Non solamente urbanisti, economisti, ambientalisti, amministrazioni sensibili, ma anche tanta gente comune (tramite i social network, i blog, i forum, riviste specializzate e l’associazionismo) dimostra maggior sensibilità verso le problematiche del proprio territorio. La rilevanza che il fenomeno sta assumendo, in quanto grava su una delle risorse più indispensabili ed irriproducibili del nostro pianeta, è evidente.

È importante che se ne parli. È fondamentale che si diffonda una sensibilità comune sulla necessità di difendere il territorio su cui viviamo e che dovrà ospitare le generazioni future. È basilare che ognuno capisca quanto i sempre più frequenti allarmi ambientali siano troppo sovente una diretta conseguenza di eccessi, cattivo governo del territorio e di una pianificazione sempre più vittima del “partito del cemento”.
Per comprendere a fondo il problema è necessario analizzare non solamente le dimensioni del fenomeno, ma in particolare le cause che lo generano, esaminando le connessioni con la fiscalità urbanistica. È auspicabile, quindi, che si formulino delle proposte che non rimangano “su carta”: dunque affrontare il problema e condividere i risultati ottenuti, agendo sulla scala più idonea, in modo cooperativo, per un fine comune.
Un senso di smarrimento si prova spesso percorrendo le nostre città, soprattutto procedendo verso le periferie che fino a pochi anni fa erano aree rurali: esso è causato dalla sensazione di trovarsi in quartieri privi di identità, di “non luoghi”, frutto della tragica perdita di valori di una cultura urbana secolare. Lo spazio tra i luoghi ora è un insieme di volumi, che modificano il paesaggio e consumano il suolo libero. Il degrado edilizio, la mancanza di uno sviluppo unitario della città, la diffusa mobilità privata, il senso di non appartenenza e scarsa partecipazione, uniti alla percezione “del brutto” e al senso di insicurezza, generano ambiguità e disagio sociale. Questa situazione non è immutabile, e per questo non ci si deve arrendere al degrado urbano. È quindi evidente la necessità di promuovere alcune possibili soluzioni ai problemi odierni senza tralasciare la nostra memoria storica.

Già a partire dal XVII secolo, a causa dell’andamento demografico e del conseguente inurbamento, le più grandi città italiane sono state coinvolte da processi di rinnovamento. Lo stesso è avvenuto nei maggiori contesti europei con l’esperienza avviata, ad esempio, a Parigi da Georges Eugène Haussmann: per la prima volta nella storia è stato tradotto dal punto di vista operativo il problema di un globale ridisegno della città, fondato sui boulevards che ruotano intorno al centro.
Oggi come ieri la strada principale da seguire è quella del rinnovamento urbano, per rendere più vivibile le nostre città in funzione delle mutate esigenze della collettività: promuovere un’urbanistica meno rigida e verticale, che non si preoccupi esclusivamente dell’assetto e dell’incremento edilizio del tessuto urbano, ma che ponga in essere la nozione di “governo del territorio” (Titolo V della Costituzione), perseguendo un modello di sviluppo equilibrato e soprattutto sostenibile, capace di intrecciare le regole dell’economia con quelle del territorio e degli interessi collettivi. Allo stesso modo è essenziale mettere a disposizione degli amministratori, dei tecnici e di tutta la popolazione a vario titolo coinvolta, nuovi strumenti più flessibili e adatti. Questo appare più attuabile ora, nonostante la crisi economica in corso, proprio perché i momenti di crisi permettono di rivoluzionare i modelli di vita.
Un’ampia trattazione a riguardo, frutto della ricerca svolta in collaborazione con la Provincia di Torino e con il supporto di alcuni docenti del Politecnico di Torino, è presente nella Tesi di Laurea Magistrale da me elaborata[1] e che nasce proprio dalla volontà di affrontare il tema relativo alle correlazioni tra consumo di suolo e fiscalità urbanistica, inserendosi nel recente dibattito sulla realizzazione di strumenti e l’attuazione di politiche e azioni possibili per contrastare lo sprawl urbano[2]. L’obiettivo è quello di accertare e misurare l’esistenza di un consolidato rapporto tra l’espansione territoriale (determinata dagli strumenti di pianificazione) e la fiscalità urbanistica locale, derivato dalla necessità di rispettare il principio di pareggio di bilancio corrente. In particolare, si tratta di comprendere se e in quale modo lo sviluppo urbanistico può essere indirizzato per aumentare gli introiti derivanti dalla fiscalità locale (costo di costruzione, oneri di urbanizzazione, ICI, ecc) o, diversamente, per contrastare la diffusione urbana.
La nostra società si trova sempre più costipata dal dualismo presente tra la volontà di perseguire uno sviluppo sostenibile[3], di tutelare l’ambiente e il paesaggio da un lato e dall’altro dalla necessità di dover “fare i conti” con la gestione finanziaria del territorio in un momento di critica congiuntura economica. Proprio in questa situazione aumenta l’interesse verso la ricerca di politiche in grado di contrastare l’espansione non controllata degli ambienti urbani nel territorio non antropizzato, senza indurre ulteriori costi alla collettività.
Gli argomenti affrontati sono piuttosto complessi per loro stessa natura e ad oggi esistono in letteratura ben pochi esempi di analisi simili a cui fare riferimento o con le quali potersi confrontare. Tuttavia, nel mondo accademico e della pubblica amministrazione italiana trovano spazio alcune ricerche, piani e strumenti interessanti[4]. Ma è volgendo lo sguardo oltre i nostri confini nazionali che ritroviamo una serie di best practices e di strumenti volti ad evitare, ridurre, mitigare e compensare il consumo di suolo libero. Ecco perché la Tesi elaborata presenta un ricco e stimolante capitolo dedicato interamente ad alcune politiche ed azioni messe in campo oltre confine, a strumenti e programmi adottati da altri Stati, al fine di contrastare il consumo di suolo e promuovere una fiscalità più efficace ed efficiente.

La Tesi è stata organizzata in quattro parti principali, articolate a loro volta in diversi capitoli che approfondiscono le tematiche affrontate. Sono allegate (in cd-rom), inoltre, le schede comunali e le tabelle di lavoro elaborate nell’ambito della ricerca svolta presso la Provincia di Torino[5].
Nella Parte I si affrontano i cambiamenti urbanistici che hanno interessato l’Italia dal Secondo dopoguerra ad oggi e che hanno condotto alla necessità di conservare l’ambiente ed il paesaggio, bloccando il consumo di suolo del territorio extraurbano e attuando, al contempo, la rigenerazione urbana delle città consolidate. È inoltre illustrata l’evoluzione dell’apparato normativo e di quello fiscale, dedicando un intero capitolo alla relazione tra abusivismo, condoni e consumo di suolo. Sono infine illustrati i diversi processi di degrado e uso del suolo, con particolare riferimento al più intenso e non reversibile: l’impermeabilizzazione.
Nella Parte II è illustrata la ricerca realizzata con il supporto della Provincia di Torino, svolta al fine di indagare le relazioni sussistenti tra fiscalità locale e sprawl urbano, con particolare riferimento sia alla raccolta dei dati necessari per costituire indicatori aggiornati regolarmente, sia alle auspicabili modifiche da apportare ed innovazioni da introdurre per contrastare questo problema.[6]
Lo studio svolto ha previsto l’analisi e la successiva elaborazione di una notevole mole di dati relativi all’ICI, agli oneri di urbanizzazione, al costo di costruzione, ai parametri attualizzati regionali, agli investimenti privati, allo stock abitativo, al trend del consumo di suolo, all’andamento demografico, alla spesa corrente, agli introiti da trasformazioni urbanistiche e all’utilizzo in parte corrente dei proventi da concessioni edilizie, solo per citarne alcuni. Dunque, non si tratta di capire quale comune abbia consumato più suolo, oppure quali siano le tendenze dei rendiconti comunali, ma di comprendere se l’espansione insediativa trova o meno correlazioni con l’assetto fiscale. Per questo motivo, per i comuni oggetto di studio, sono stati elaborati 9 indicatori che trovano punto di sintesi nell’indicatore conclusivo, che restituisce una visione complessiva delle relazioni tra lo sprawl urbano e i tributi ad esso legati. Ogni indicatore ha origine direttamente dai dati raccolti, analizzati e sviluppati in precedenza e dagli aspetti esaminati per ciascuno di essi, ed è strutturato in modo da assegnare un punteggio tanto più alto quanto la propensione del comune è a favore del consumo di suolo. Quello finale, di sintesi, somma tutti i punteggi assegnati ad ogni comune, restituendo una mappatura delle correlazioni. Molto spesso i risultati ottenuti sono stati tematizzati in mappe e carte tematiche realizzate con il software GIS di ESRI ArcGIS 9.3, in uso presso il Politecnico di Torino.

La terza parte è suddivisa in due sezioni. La prima illustra le possibili soluzioni volte a contrastare il consumo di suolo, individuate da studiosi, ricercatori, professionisti e “addetti ai lavori” e, dunque, presenti in letteratura. Gli aspetti analizzati riguardano sia le tematiche della pianificazione che quelle della finanza pubblica. La seconda, invece, raccoglie una serie di best practices nazionali e internazionali, che illustrano contesti dove sono state messe in campo azioni e politiche atte a contenere il fenomeno dello sprawl urbano intervenendo sia a livello pianificatorio che finanziario.
La quarta ed ultima parte è stata scritta al fine di raccogliere le considerazioni emerse dalle analisi svolte, da cui trarre suggerimenti per ricerche e approfondimenti successivi. Si è ritenuto opportuno formulare, non solamente nelle fasi conclusive del lavoro, spunti e proposte personali che possono essere utili e servire da supporto a future analisi e a diffondere maggiori conoscenze, non solo tra gli “addetti ai lavori”, ma anche tra i cittadini neofiti, per sostenere l’evoluzione del dibattito, affinché si possa rispondere in modo adeguato al grave fenomeno del consumo di suolo libero.
La presente ricerca si inserisce quindi in un dibattito culturale in evoluzione, come dimostrato dal crescente interessamento, non solamente del mondo accademico, ma anche di quello politico, dell’associazionismo e da parte di liberi cittadini, con la speranza che possa alimentare il dibattito e servire da supporto per la redazione di strumenti, politiche e azioni finalizzati a contrastare lo sprawl urbano e a riformare l’assetto della fiscalità locale nell’ottica di un governo ecologico del territorio.
Per una illustrazione dettagliata, esaustiva ed argomentata delle plausibili e dovute modifiche, integrazioni ed innovazioni da attuare a livello nazionale, regionale e locale, si consiglia la visione della Tesi. Queste riforme non riguardano solamente la sfera della fiscalità urbanistica locale, ma presuppongono la promulgazione di una legge quadro nazionale di principi fondamentali per il governo del territorio che limiti il consumo di suolo e che ponga in essere uno sviluppo sostenibile.
Tuttavia le principali modifiche si possono riassumere nei seguenti quattro punti:
1 – Imposta ambientale: abbandonare la zonizzazione per destinazioni d’uso, per ambiti territoriali analoghi, al fine di promuovere uno zoning che tenga conto delle peculiarità ambientali e paesaggistiche. Questo riconoscimento dovrebbe essere promosso a scala vasta (provinciale);
2 – Imposta municipale unica: l’imposta sugli immobili dovrebbe essere quantificata in base al valore di mercato e non sulla rendita catastale; dovrebbe, inoltre, essere resa progressiva in base al reddito. Questa imposta deve essere commisurata in funzione della dotazione infrastrutturale presente e all’aumento del carico urbanistico causato da una trasformazione urbana, in termini di adeguamento delle opere di urbanizzazione e dei servizi. Si introdurrebbe così un meccanismo di recupero della rendita da investire nuovamente per la collettività;
3 – Contributo di costruzione: lo scopo del contributo di costruzione, entrata “una tantum”, dovrebbe ritornare ad essere quello originario (Legge Bucalossi), ovvero di dotare l’area soggetta a trasformazione urbana di quei servizi pubblici, di quelle dotazioni minime, che devono essere realizzate per fronteggiare l’aumento del carico antropico. Gli oneri di urbanizzazione e il costo di costruzione dovrebbero anche essere rapportati al contesto che si intende trasformare, quindi al consumo di suolo, non dimenticando le performance dal punto di vista energetico;
4 – IMU sull’edificabilità delle aree: il problema delle previsioni di aree edificabili sovrastimate è dovuto al gettito che generano nell’immediato per il bilancio comunale. Se anche in Piemonte fosse adottata una legge che disponesse la pianificazione su due livelli, come L’Emilia Romagna o la Toscana, ovvero in una componente strutturale ed in una operativa, si potrebbe fissare che le previsioni di edificabilità ed il relativo gettito siano valide solo per il periodo di validità del piano operativo, quindi 5 anni. Si verrebbe così ad interrompere la proliferazione di aree rese edificabili per poter incrementare gli introiti fiscali.

Un aspetto logico ed imprescindibile, al fine di un corretto approccio al problema, è la consapevolezza della legalità dell’uso del suolo e di regole da rispettare per trasformare il territorio. Fino ad ora è mancata la coscienza della vera natura del suolo, ovvero di una risorsa scarsa, indispensabile, da preservare e valorizzare a beneficio delle generazioni future.
Dare vita ad un nuovo sviluppo del territorio, più sostenibile ed equilibrato, è oggigiorno più che mai necessario. Questo è possibile solo per mezzo di una “rivoluzione culturale” che dia avvio ad una stagione governata da una nuova etica di governo del territorio. Questa fase sarà innovativa anche sotto il profilo delle cooperazione, in quanto tutte le amministrazioni deputate a vario titolo a governare il suolo italiano saranno coalizzate verso un obiettivo comune di sviluppo sostenibile. In tal senso, non è più possibile considerare solamente le quantità di ciò che si può urbanizzare, poiché la qualità delle città, dell’urbanizzato, degli edifici, rispecchiano la qualità del nostro territorio e, dunque, la qualità della vita di tutti i cittadini.
Commerciale
Note
[6] I comuni oggetto di studio sono dieci, appartenenti ad ambiti territoriali differenti ed aventi caratteristiche socio-demografiche diverse: Torino, Settimo Torinese, Leinì, Pecetto Torinese, Vinovo, Carmagnola, Castagnole Piemonte, Bussoleno, Mattie, Sestriere.