Cari Consiglieri Nazionali, Cari Amici,
Io non credo che sia un atto di debolezza confessare in pubblico un’emozione, e per questo vi dico che sono molto molto molto emozionato.
Presidente, questa mattina mio papà mi ha portato il fac-simile, il santino della mia prima campagna elettorale, quella al consiglio provinciale di Agrigento del 1994. Era la primavera bellissima del 1994 ed io ero un ragazzo di 23 anni che aveva appena finito gli studi a Milano, che si era ritrasferito, per amore di quella terra, in Sicilia.Vidi in televisione un imprenditore che aveva passione per la libertà, che aveva il sole in tasca, che aveva tanta voglia di cambiare il Paese. Sentii una musica straordinaria, un jingle straordinario, che emozionò milioni di italiani e, vedendo quell’uomo, sentendo quella musica, sentendo quel programma, decisi unilateralmente, perché non lo concordai con il Presidente Berlusconi perché Lui era alla televisione ed io lo guardavo dall’altra parte della televisione, decisi di aderire a Forza Italia”.
Primo luglio 2011, consiglio nazionale del PdL. L’intervento è di Angelino Alfano, il presidente a cui si rivolge e del quale tesse le lodi è ovviamente il Cavaliere: Silvio Berlusconi.
Il consiglio nazionale? Non so se ci saranno le condizioni per un dibattito sereno”
Fabrizio Cicchitto.
A parlare non è il fedele burocrate del padre-padrone; è un Cicchitto – inaspettatamente? – moderato, e convintamente governista: “l’alfaniano” Cicchitto. L’ex socialista è protagonista degli “innovatori”, una delle correnti che dilaniano il PdL.
Nella grande Galassia delle Libertà, infatti, la forza di gravità che fino a qualche mese fa faceva ruotare tutto attorno al Grande Creatore, si è evoluta in una forza centrifuga e devastante, trasformando quello che era il partito padronale per definizione in una lotta tra bande senza regole né pietà: in palio c’è il futuro politico di ognuno dei partecipanti.
L’eterogeneità che regna all’interno delle correnti testimonia quanto l’attaccamento ad una fazione piuttosto che all’altra non sia dovuto a diversità di vedute sull’idea di partito o di Italia, ma all’esigenza di salvare la propria carriera.
Non a caso gli “innovatori” – che si sono improvvisati interpreti dell’esigenza di rinnovamento e che stanno quindi cercando di emarginare l’ex premier – sono composti dai luogotenenti del PdL che ora si sentono abbastanza forti da poter aspirare in una carriera oltre la figura di Berlusconi, dunque s’affrettano a prenderne bene le distanze e, perché no?, a dargli il colpo di grazia.
Di loro si dirà nei secoli dei secoli – sperano – che “hanno svolto parte del loro percorso con Berlusconi, ma son stati i primi a riconoscerne i limiti“. Che coraggio, che lungimiranza.
Quelli che invece, normalmente, dovrebbero essere i ‘veri duri’ – i falchi – sono in realtà i più codardi. Spaventati da un futuro senza Berlusconi, costoro si dividono in due categorie: ci sono quelli talmente inconsistenti da non aver alcuna speranza di condurre un cammino politico autonomo; e ci sono quelli che hanno legato in modo così clamoroso la propria figura a quella dell’ex premier da non potersi permettere di prendere le distanze.
Le due macro correnti si dividono a loro volta in numerosi correntine e gruppi:
- ci sono quelli che – ambiziosetti – pur dimostrando fedeltà nei confronti dell’ex premier, sono consci della sua imminente dipartita, e perciò agiscono già con l’obbiettivo di intercettare il favore dell’elettorato che si ritroverà disperato senza il Silvione nazionale da votare;
- ci sono poi quelli che si sono accorti ieri dell’esistenza del “Metodo Boffo”;
- ci sono quelli che “Berlusconi dovrebbe fare un passo indietro, anzi di lato; anzi indietro, di lato e poi avanti, così torna alla stessa altezza solo un po’ più al centro“;
- infine ci sono quelli che aspettano l’esito del congresso di partito.
L’anticipazione del Consiglio Nazionale (una sorta di congresso made in PdL) ha appesantito il già irrespirabile clima: i moderati, con Cicchitto e Alfano in testa – lo stesso Alfano che lo scorso Consiglio era stato acclamato segretario – minacciano di disertare l’assemblea; ad oggi infatti, è prevista solo la relazione di Berlusconi.
L’ex premier si trova nella condizione più delicata: indiscusso leader delle piazze e unico capace di coagulare attorno al PdL milioni di voti, rischia di perdere il PdL e di essere confinato in un partito – Forza Italia – senza credibilità né possibilità di essere votato dall’ala moderata e cattolica di destra.
Per quanto si ritrovi nella situazione più critica, spetterà a lui fare i giochi: decidere se mantenere una posizione conciliante, vestendo i panni del padre protettore del centrodestra o, viceversa, puntare il dito contro Alfano, i ‘traditori’ e il governo Letta.
Ad inasprire il clima si aggiunge la recente e tempestiva e vendicativa pubblicazione dell’ultimo libro di Gianfranco Fini: “Il ventennio”. Trecento pagine scritte dall’ex leader di AN per rivalutare la propria figura e glorificare il già famosissimo “Che fai, mi cacci?”: simbolo, per alcuni, di un gesto di coerenza e libertà, per altri, del più truce dei tradimenti.
Ed è proprio questo il campo su cui si gioca la più importante battaglia – mediatica – tra moderati e falchi. Traditori vs leali per alcuni, responsabili vs servi per altri.
Ma attenzione a dare per spacciato il centrodestra. Un nemico temibile è strepitosamente utile alla ricompattazione di una sconquassata coalizione politica.
Un recente sondaggio ha evidenziato che, in un’ipotetica elezione, al centrodestra converrebbe presentarsi con due partiti; alleati, ovviamente, ma divisi, con due leader e due indirizzi politici diversi; da una parte un PdL, epurato da ogni estremismo, casa della moderazione e con leader – perché no? – Alfano. Dall’altra una la nuova Forza Italia, popolare e populista, dominata da Berlusconi. Così facendo, la figura di Berlusconi non allontanerebbe l’ala moderata e cattolica, tradizionalmente di destra ma da tempo insofferente nei confronti dell’ex premier; allo stesso tempo, il Cavaliere potrebbe catalizzare tutti i voti dei suoi convinti sostenitori, che non hanno in simpatia i ‘nuovi democristiani’.
Infine, volendo essere più maliziosi: ciò darà modo ad una vasta fetta di elettorato di votare Berlusconi indirettamente, senza sporcarsi le mani, permettendo così al piccolo imprenditore di Brugherio – considerato un bruto fino al giorno prima in quanto Berlusconiano – di poter fare l’illuminato, e chiosare al caffè, con voce grave e solenne, della propria integrità intellettuale e morale che l’ha spinto a rifiutare il voto a Berlusconi.
Per ora però, non mettiamo il carro davanti ai buoi, e godiamoci lo spettacolo del Consiglio: il colpo di scena è assicurato.
Francesco Cottafavi