Governo del presidente, governo di scopo, governo d’affari, governo amministrativo, governo di emergenza o solidarietà nazionale. Formule che la Prima Repubblica ha partorito per risolvere le proprie, non certo infrequenti, crisi di governo.
C’è però una formula che la Prima Repubblica ha sempre guardato con sospetto e spesso rigettato, quella del governo tecnico, vissuta come un’usurpazione.
E infatti di governi tecnici (formati in tutto o in parte da personalità estranee alla politica o, come si direbbe oggi, appartenenti alla società civile) fra il 1946 e il 1992 non ce ne sono stati.
In una sorta di pena del contrappasso la Prima Repubblica si è spenta vegliata proprio due esecutivi tecnici, il primo presieduto da Giuliano Amato, il secondo da Carlo Azeglio Ciampi.
Le elezioni dell’aprile 1992, svoltesi nel pieno del clima rovente di Tangentopoli, decretano un crollo significativo per tutti i maggiori partiti (la Dc ottiene il minimo storico non riuscendo, per la prima volta, ad andare oltre il 30%, il Psi ottenne il risultato più basso dal 1979).
La coalizione guidata dalla Dc ottiene un 48,85%, insufficiente per poter contare su una maggioranza stabile.
L’Italia, stretta com’è tra le stragi di mafia, la crisi della Lira e gli scandali della politica, ha però bisogno urgente di un governo e il presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro affida l’incarico a Giuliano Amato (foto), già ministro del Tesoro nei governi Goria e De Mita.
Il governo Amato non durerà più di 10 mesi e resterà alla storia più che altro per il prelievo forzoso del 6 per mille dai conti correnti degli italiani, attuato di notte, e per il prelievo del 3 per mille sul valore catastale rivalutato degli immobili (la cosiddetta Isi, Imposta straordinaria sugli immobili, mamma dell’Ici e nonna dell’Imu).
Di tecnici puri quel governo ne aveva pochi perché, eccettuando poche figure indipendenti, il grosso dei ministri e sottosegretari era composto da uomini di apparato della Dc, del Psi, del Pli e del Psdi.
Anche il governo che venne dopo, guidato da Carlo Azeglio Ciampi, non può essere definito un esecutivo tecnico puro. L’unico elemento di novità è rappresentato dal fatto che la presidenza del consiglio viene affidata, per la prima volta nella storia italiana, ad un esponente non parlamentare.
Ciampi è infatti dal 1979 governatore della Banca d’Italia.
Il governo, rimasto in carica appena un anno, chiude la Prima Repubblica; le successive elezioni decretano la vittoria di Silvio Berlusconi e l’inizio della Seconda Repubblica.
Il primo governo Berlusconi, a dispetto del successo elettorale, resta in carica 8 mesi: la Lega Nord ritira il suo appoggio e si apre una nuova crisi di governo.
Scalfaro affida l’incarico e il compito di traghettare il Paese alle elezioni anticipate del 1996 a Lamberto Dini, già direttore generale della Banca d’Italia e ministro del Tesoro (ma non eletto) nel primo governo Berlusconi.
Il governo Dini è il primo esempio di governo interamente tecnico. Nessuno dei ministri e dei sottosegretari viene dal mondo della politica. Resta in carica un anno prima di cedere il testimone al governo Prodi.
Nel 2000, dopo un governo Prodi e due governi D’Alema, è di nuovo la volta di un governo del presidente guidato da Giuliano Amato ma senza la partecipazione di tecnici.
A. P.
@twitTagli
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Parte 1 – Introduzione
Parte 2 – Gli anni ’50 e ’60: Pella, Tambroni e i governi balneari
Parte 3 – Il 1976 e le larghe intese
Parte 4 – Gli anni ’80: il patto della staffetta
Parte 5 – Gli anni ’90: Amato, Ciampi e Dini