
Alla fin fine, temevo peggio. Ma speravo meglio.
Questa è una doverosa citazione al mio amico che legge le mie recensioni su Tagli e che mi accompagna sempre al cinema.
Un saluto al mio amico: ciao Frank!
No, davvero. Giuro che esiste!
Non si può neanche più avere conigli invisibili come amici al giorno d’oggi?
Vabbé, andiamo oltre. Di cosa stavamo parlando? Ah sì, del film più atteso dal sottoscritto da quando aveva circa 7 anni.
Capite che scrivere una recensione coerente e lineare mi crea qualche problema; la materia da cui è tratto questo film è il genere di argilla da cui nascono i grandi miti contemporanei, e la cosa più positiva da dichiarare su “Batman V Superman: Dawn of Justice” è proprio che prende molto sul serio il materiale originale, pescando e trasponendo qua e là tra classici del fumetto ed estratti di tavole memorabili.
Alcune delle fonti di ispirazione più dichiarate sono roba come “Death in the family”, “Il ritorno del cavaliere oscuro” di Frank Miller e “La morte di Superman”: roba che se non avete mai letto nella vostra vita probabilmente non vi interessano affatto i fumetti e allora cosa stiamo qua a parlarne?!
Come dici Frank? Devo scrivere una recensione lineare e coerente? Va bene, ci provo.
Peccato che gli autori di questo film non abbiano ricevuto simili direttive.
Batman V Superman è fondamentalmente paragonabile ad un barile di buone idee che prende fuoco: qualcosa, in mezzo alla cenere, si riesce a salvare.
È chiaro fin dai primissimi istanti del film che la domanda che la quasi totalità dell’internet si è posta in questi due anni (ovvero “Ma perché Ben Affleck?”) era la domanda sbagliata.
Ben Affleck è di gran lunga l’elemento che esce vincitore da questo film, e personalmente non vedo l’ora di vedere la sua versione di Batman in un film in solitaria.
La vera domanda che avremmo dovuto porci è: perché continuare a dare in mano le chiavi dell’universo cinematografico DC a Zack Snyder, un “autore” dotato di assoluto talento visivo ma di una clamorosa povertà di sensibilità e tatto nel gestire i tempi e la struttura di una narrazione?
Batman V Superman è almeno 4 o 5 film mescolati insieme, con un primo atto talmente sconnesso che appare più simile al collage di una serie di scene che introducono frettolosamente set-up che si concluderanno molto male, o in alcuni casi non si concluderanno mai.
Nel corso dei primi minuti iniziali, Snyder si sente in dovere di raccontarci per la milionesima volta la storia di un ragazzino che assiste all’omicidio dei propri genitori e poi cade in una caverna piena di pipistrelli.
Allo stesso tempo però, mette in scena una delle sequenze più potenti di tutta la “storia cinematografica” del personaggio di Batman/Bruce Wayne: si tratta del combattimento finale de “L’Uomo d’Acciaio”, durante il quale la città di Metropolis viene devastata da uno scontro che provoca migliaia di morti, raccontato dal punto di vista di comuni esseri umani che non possono fare altro che assistere impotenti.
Tra loro, Bruce Wayne. L’uomo che per antonomasia è sempre un passo avanti a tutti, che avverte come un macigno il peso della sua mortalità e dei suoi limiti.
Nei primi 5 minuti, Batman V Superman presenta l’introduzione perfetta allo scontro ideologico tra due “titani” della storia del fumetto. E poi fallisce clamorosamente nel consegnarci quello stesso scontro.
Quello che ci viene offerto dopo sono sequenze assemblate senza coerenza, senso della narrazione o volontà di raccontare una sola storia in maniera fluida. Sbirciamo all’interno delle vite di una nutrita serie di personaggi: fra questi Lois Lane, relegata ad un ruolo ingrato ed interpretata da una Amy Adams che è quasi deprimente per quanto poco venga valorizzata (sia sul piano della performance sia su quello puramente estetico).
Superman è, o almeno dovrebbe essere nelle intenzioni degli autori, un personaggio controverso e tormentato, costantemente combattuto da interrogativi sul suo ruolo di pseudo-divinità in mezzo a fragili mortali e sul suo posto nel mondo.
La realtà dei fatti è che la tensione drammatica e la costruzione del suo carattere sono affrettati e poco coinvolgenti. L’impressione è che a Snyder proprio non interessi il personaggio, né abbia capito cosa valga la pena approfondire del suo arco narrativo.
Un po’ un problema per il regista che avrebbe dovuto riportare il mito del figlio di Kripton nel nuovo millennio.
La faccia “Superman” della medaglia “Batman V Superman” è povera, scolorita e priva di inerzia. Ma com’è la faccia che ci interessa davvero?
Diciamolo chiaramente: chi è che andrà al cinema per vedere Superman? Di questo film ci interessa Batman, e praticamente solo Batman.
Cosa dobbiamo aspettarci dalla nuova incarnazione del cavaliere oscuro?
Se mi dai un secondo ci arrivo, Frank.
A Ben Affleck bisognerebbe, nell’ordine:
- dare un abbraccio fortissimo promettendogli che non lo tratteremo più male
- fare un monumento grosso come la Wayne Manor, perché se questo non è il miglior Batman cinematografico di sempre, io sono un raffinato intellettuale che aborre i fumetti.
Se il Batman di Keaton era una piacevole variazione sul tema del fumetto e quello di Christian Bale era “soltanto okay”, Affleck è un Bruce Wayne maturo, sarcastico, credibile e tridimensionale.
È un uomo forgiato da anni di battaglie e tragedie personali, che alza un po’ il gomito e rimorchia modelle, ma la cosa davvero straordinaria è che finalmente il film abbraccia il concetto di un personaggio umano, verso il quale ci è concesso provare empatia.
Affleck azzecca tutto di Bruce Wayne, e la messa in scena di Batman è forse persino migliore: nel disastro di “gommosità digitale” che è il terzo atto del film, il crociato di Gotham si riserva la migliore sequenza d’azione che Batman abbia mai avuto al cinema.
Il suo stile di combattimento è quello di un veterano che ha visto più ossa spezzate che donne nude nella sua vita, e che non disdegna punte di sadismo e autentica efferatezza verso i suoi avversari. La ciliegina sulla torta è il rapporto tra Bruce e Alfred, con un Jeremy Irons che ammanta i suoi momenti di delicata ironia.
Il problema con Batman è che non gli viene concesso di avere spazio nel suo film. Mentre guardavo il film al cinema, mi sono sorpreso più volte a desiderare che restassimo a Gotham ed evitassimo di tornare costantemente alle altre stupide sotto-trame di cui è zeppo il film.
Come se le dinamiche attorno a Superman non fossero già abbastanza tragiche, l’intera estetica iper-dark e il tono perennemente serioso della storia finisce per sconfortare lo spettatore e provocare una reazione di stanchezza che è l’esatto opposto di quanto un film di supereroi dovrebbe fare.
È il risultato di una fusione di performance sopra le righe, scelte estetiche e di messa in scena costantemente virate sul cupo e catastrofico, una colonna sonora ingombrante ed invasiva che non può fare a meno di soffocare. Una lacrima smette di avere senso quando si passano tre ore sotto una cascata. Un tuono non è più fragoroso se non si ha mai la sensazione di udire il silenzio.
E in mezzo a tutto questo caos, non aiuta che l’attore scelto per interpretare Lex Luthor (il povero Jesse Eisenberg) sia palesemente in un altro film, in un altro viaggio e convinto di stare facendo tutt’altra cosa. È come mettere Jim Carrey in un film di Christopher Nolan: sulla carta si può fare, ma ci rimani un attimo spiazzato.
Allo stesso modo, non si può fare a meno di rimanere interdetti di fronte alla necessità di disporre le carte in tavola per la costruzione di un universo narrativo complesso e articolato come quello dei supereroi della DC Comics. Batman V Superman doveva essere “l’alba della giustizia”, come recita il suo sottotitolo.
Doveva essere la pietra fondativa di un colossale franchise, persino più grande ed epico di quello dell’universo Marvel.
Nel giro di due ore e mezza di film, si doveva mettere in campo il set-up che avrebbe condotto alla Justice League, e convincere il pubblico che il percorso sarebbe stato organico e coerente.
Bisognava, in altri termi, mettere in relazione coerente questo popò di roba nella foto qui sotto.
La verità è che purtroppo, l’universo cinematografico DC ha fallito nelle sue speranze di “recuperare il ritardo” rispetto ai concorrenti della Marvel. Ha freneticamente anticipato tematiche, personaggi e storie che avrebbero meritato più tempo, più spazio, più cura e più dignità. Ad esempio, Wonder Woman meritava più minutaggio, perché nei pochi istanti a lei riservati funziona alla grande.
Invece di vincere in questa impresa titanica e soddisfare tutte le richieste, Batman V Superman somiglia ai sogni di Bruce Wayne: un incubo prolungato, confuso e opprimente in modo quasi violento.
Non ingrana mai per davvero e, nonostante una versione di Batman memorabile e gratificante, non riesce a trasmettere la tensione drammatica dello scontro tra i due protagonisti.
Come se non bastasse, Lex Luthor è un flop che fa rabbia e il terzo atto è uno stufato di CGI schizofrenica e indigesta.
Sostenere che sia un brutto film sarebbe riduttivo e semplicistico: come in ogni opera interessante, racchiude una certa grazia e speranza di redenzione nei suoi fallimenti.
Come diciamo sempre io e Frank, dobbiamo guardare in alto e ringraziare l’uomo pipistrello per i bei momenti passati insieme.
Davide Mela
Segui Tagli su Facebook e Twitter