Chi di voi abbia viaggiato qualche volta nella vita sa che cosa significa quel formicolio allo stomaco e alle mani che invade il viaggiatore la sera prima di mettersi in cammino.
Ebbene, stranamente, chi vi scrive si è sentito un po’ così la sera prima del 24 febbraio, giorno in cui, da cittadino prima che ogni altra qualifica, è stato chiamato insieme agli altri ad esprimere il proprio parere per rimettere in cammino quest’Italia. Italia che, nel bene o nel male è il Suo Paese: che non si sa dove stia andando. Un po’ di formicolio, due chiacchiere con un amico, lettura dei più vari status sui social network in cui si esprimeva rabbia, dolore, stanchezza di una crisi, speranze, idee. Il senso di essere, per un giorno, ritornati a quel fermento che nel Paese sta cominciando a mancare, frustrato dal problema di arrivare a fine mese.
Il viaggio da casa al seggio è non lungo, ma è un viaggio in piena regola, da percorrere rigorosamente a piedi, come sempre dalla maggiore età. Formalità burocratiche, due schede, due segni, imbucare le schede, mettersi in cammino.
Ciò che è successo dopo la fine delle operazioni di voto è conosciuto ai più, comprese le note stonate. Ma il fascino di questo strano risultato in un certo senso rimane, assieme all’assoluta necessità di rimboccarsi tutti assieme le maniche e decidere come rimettere in cammino questo Paese o rischiare di affondarlo per sempre. Per questa ragione, come nelle migliori tradizioni di un viaggio, occorre versare un mezzo bicchiere di bianco e farsi gli auguri.
E allora, auguri a Pierluigi, che voleva smacchiare il giaguaro anche se il giaguaro correva veloce – e adesso si ritrova con in mano una patata bollente per cui non basterà qualche metafora.
Auguri a Beppe, che la domenica gioca all’uomo mascherato senza capire che così facendo, oltre a ridicolizzare se stesso ridicolizza tutti gli italiani, compresi quelli che non l’hanno votato.
Auguri anche a Silvio, che avrà il suo banco al Senato così da non dover soggiornare troppo spesso a Milano, in quel palazzo grigio dove la legge è uguale per tutti.
E poi auguri a Mario, che credeva che togliendo il pane agli italiani questi sarebbero stati contenti e, insomma, non è andata proprio così.
Auguri anche a Pier, a Nichi, a Bruno, a Giorgia e a Roberto e a chi in generale pretendeva un ruolo da protagonista ritrovandosi a giocare quello di comprimario. E auguri anche a chi è rimasto fuori dopo essere salito allo scranno più alto, a chi si è inventato un master non sapendo o non capendo che per fermare il declino non servono pezzi di carta ma idee e a chi, dopo aver litigato con Giorgio (auguri anche a lui, ma di una serena vecchiaia) non potrà ritornare alla vita di sempre. E soprattutto, formicolio o no, auguri a noi italiani brava gente, perché è il nostro destino che abbiamo consegnato nelle loro mani. Prosit.
Jack O. Hearts @twitTagli