La recente carriera di Antonio Ingroia si riassume brevemente: magistrato, politico-magistrato, magistrato in ferie, vittima incompresa del CSM, politico.
Dalla discesa in campo fino ad adesso, ne sono successe tante. Di Ingroia abbiamo riso, abbiamo pianto, ne abbiamo amato l’imitazione di Crozza e odiato l’originale. L’abbiamo ringraziato per aver trascinato Di Pietro nel baratro dell’insuccesso, e maledetto per aver distrutto – in pochi mesi – la credibilità di un’istituzione fondamentale (e già sotto attacco) quale la magistratura.
Ora, però, siamo ad una svolta. Antonio Ingroia sceglie la politica.
Dopo mesi passati a cavallo di due poltrone, entrambe alquanto confortevoli, l’ex magistrato è stato costretto a consumare la rottura col CSM, utilizzando toni che, in bocche altrui, ha sempre condannato: si ritiene vittima di una “decisione punitiva e politica del CSM”, reo di averlo collocato ad Aosta e non alla Procura Nazionale Antimafia.
Ma veniamo alla politica. Messa da parte la lista di Rivoluzione Civile (recipiente di vecchio ciarpame e nuovi trombati, che va da Oliviero Diliberto ai Verdi passando per Di Pietro), rottamata sul nascere dall’elettorato, Ingroia ricomincia da “Azione civile”.
Visti i pessimi risultati elettorali corre da solo, forse per scelta, forse perché scaricato dagli ex alleati: “Azione Civile, il movimento da me già fondato per dare vita a Rivoluzione Civile, ora inizia un percorso nuovo ed autonomo”.
Nel suo sito, l’ex PM cerca di dare forma al proprio movimento, ma ne esce un prospetto piuttosto sconclusionato, in cui l’unico caposaldo è la protezione della “Costituzione, nei suoi diritti e nei suoi valori più propulsivi, i suoi punti cardinali”, con tanto di comitati locali “W la Costituzione”; tutto il resto, è demandato alle “primarie delle idee” (?).
Problema non di secondaria importanza è quello di collocare il movimento rispetto agli altri partiti: Azione Civile disapprova la condotta dei partiti tradizionali; ma non vi si pone neanche in netto contrasto (del resto, la categoria “contro i partiti” è già inflazionata). Se la cava con la stessa sciatteria e approssimazione che ha adottato nell’esposizione del suo manifesto e sceglie l’espressione “oltre i partiti”.
Il leone palermitano dunque ci riprova! E poco male se fallirà anche questa volta: nella peggiore delle ipotesi, tornerà a fare il magistrato. Non ci credete? Ebbene si! Ingroia non si è dimesso, è semplicemente decaduto: infatti, invece di inviare la lettera di dimissioni al CSM – rendendo irrevocabile la sua scelta – ha deciso di non presentarsi sul posto di lavoro ad Aosta, con la conseguenza che entro due anni potrà chiedere e ottenere il reintegro.
Come dargli torto: seduti su due poltrone, è certamente più confortevole proteggere gli interessi. Degli operai, ça va sans dire.
Francesco Cottafavi